sabato 17 dicembre 2016

"The Red Queen" di Philippa Gregory


Da un po' di tempo non mi dedico alla fiction storica e anche questa in effetti è una lettura di un po' di tempo fa che da molto aspettavo di recensire. E visto che prossimamente pensavo di riprendere in mano la serie ho pensato che fosse giunto il momento di parlare anche di questo libro.

The Red Queen è il secondo libro della serie The Cousins' War di Philippa Gregory, dedicata alle donne della Guerra delle due rose, combattuta tra York e Lancaster nell'Inghilterra del XV secolo. Se il primo libro vedeva come protagonista Elizabeth Woodville, è naturale conseguenza che il secondo voglia la sua nemica e rivale Margaret Beaufort, madre del futuro re Enrico VII. La storia è la stessa raccontata nel precedente: la sconfitta dei Lancaster da parte degli York e i continui intrighi politici a seguire fino alla grande battaglia che culmina nella vittoria di Enrico VII e nel suo matrimonio con Elizabeth, figlia della Regina bianca e del Re Edoardo IV di York. A cambiare è però il punto di vista attraverso il quale tutto è raccontato, dando l'impressione di trovarsi a leggere una storia completamente nuova solo lontanamente connessa a quella raccontataci attraverso gli occhi di Elizabeth Woodville.



Un ritratto di Margaret Beaufort. 

I am wife to a man of no ambition, who will not ride out to war until he is forced to go. I am mother to a son in my enemy's keeping, and I am the distant love of a defeated man in exile. I spend my days – which get shorter all the time as the evenings draw in on this most miserable year – on my knees, and I pray to God to let this dark night pass, to let this cold winter pass, and to throw down the House of York and let the House of Lancaster come home.

Una giovane Margaret Beaufort è costretta, contro la sua volontà, a rinunciare al suo profondo desiderio di prendere i voti per sposare Edmund Tudor. Il matrimonio non durerà molto a causa della morte del consorte ma basterà a lasciarla con quella che diventerà la sua unica ragione di vita: suo figlio. Da questo momento in poi tutta la vita di Margaret inizierà a ruotare – alimentata dalla sua fede incrollabile, –attorno al figlio, destinato a diventare il Re Enrico VII d'Inghilterra. Preghiere, intrighi e complotti si susseguono senza soluzione di causa, portando Enrico per molti anni lontano dalla madre che non smetterà mai di credere in un suo ritorno e di lottare per vederlo finalmente un giorno sul trono d'Inghilterra.

Devo ammettere con grande rammarico che questo secondo volume è stato per me una delusione: dopo aver amato alla follia The White Queen mi aspettavo di rimanere altrettanto colpita da questo, ma purtroppo non si è rivelato all'altezza. La colpa in realtà non è né dell'autrice né della storia in sé: lo stile della Gregory è impeccabile, la narrazione avvincente e tutto sommato è un libro davvero ben realizzato. Quello che non va è proprio la protagonista. Non critico l'autrice per la scelta della sua nuova eroina, essenziale per offrire una ricostruzione oggettiva della vicenda attraverso due punti di vista opposti, e da lei ritratta in modo magistrale; ma Margaret Beaufort è veramente una figura poco interessante e a tratti perfino detestabile – ovviamente da un mio personale punto di vista, in quanto mi è capitato anche di leggere recensioni di persone che l'hanno adorata e hanno provato una forte empatia nei suoi confronti.

Margaret Beaufort interpretata da Amanda Hale nella serie tv The White Queen.

Quello che non ho apprezzato di Margaret è che l'ho trovata un personaggio assillante e ossessivo. Completamente accecata dal suo desiderio di fare di suo figlio il Re d'Inghilterra e incapace di guardare oltre o anche solo di guardarsi attorno, quello che secondo il mio parere traspare di lei non è nemmeno più ambizione ma puro e spietato egoismo che la spinge a vedere solo se stessa e a sacrificare tutto e tutti in nome dei suoi sogni di gloria. Capisco che per una nobildonna dell'epoca l'arrivismo potesse a volte dimostrarsi uno strumento indispensabile a garantire a se stessa una vita sicura e dignitosa – e d'altronde sono una grandissima appassionata di Anna Bolena, quindi lungi da me accusare una donna dell'epoca per un simile comportamento – ma Margaret non usa l'intelligenza e la furbizia per raggiungere i suoi scopi, bensì il tormento indotto in chi la circonda e una sorta di esacerbante vittimismo.
Un altro elemento per me disturbante del personaggio è la sua profonda e incessante devozione cattolica, spinta a tal punto da diventare esasperante. Il suo continuo sentirsi una sorta di prescelta da Dio, una martire, la nuova Giovanna d'Arco destinata a grandi imprese, ne fanno a mio avviso soltanto una figura patetica. Verrebbe quasi da considerarla priva di una volontà propria tanta è la sua convinzione di non fare altro che mettere in pratica la parola del suo Dio. "Tu, cosa vuoi?" le chiede in una scena il marito, e la sua risposta: "La mia volontà è la volontà di Dio" è quanto di peggio potesse uscire dalle sue labbra, la consacrazione a personaggio freddo, menefreghista e incapace di scendere dal suo piedistallo e posare i piedi per terra. Perché il problema di Margaret è proprio questo: non dubita mai, nemmeno per un momento, non si ferma mai a pensare, non si fa mai delle domande, dà solo tutto sempre troppo per scontato.

And that is why I have always told you that your future lies in your son. A husband can come and go, he can leave on his own account. He can go to war or get sick or kill himself; but if you make your son your own, your own creation, then you are safe. A boy is your guardian. If you had been a boy I would have poured my life into you. You would have been my destiny.

Con queste parole la madre di Margaret le da un consiglio che la figlia prenderà in parola senza la minima esitazione. Diventa così chiaro che per lei suo figlio non è più solo un figlio, la sua unica famiglia, ma diventa il simbolo stesso del suo desiderio di successo. Tutto quello che fa, tutto l'amore che rivolge a suo figlio è amore soprattutto per se stessa. La paura di vederlo allontanarsi da lei, il terrore che la dimentichi nei lunghi anni di lontananza, è paura di non arrivare mai al successo cui si sente destinata. Nell'ipotetica incoronazione di suo figlio è evidente che non vede altro se non la possibilità di poter finalmente utilizzare la firma "Margaret Regina".

In tutto questo, il ritratto che ne traccia l'autrice è impeccabile e tra i suoi eccessivi difetti si delinea anche la figura di una donna che fin da piccola è stata costretta a rinunciare ai suoi sogni, a seguire la volontà altrui andando contro la propria, ad andare in sposa a due uomini molto più vecchi di lei che disprezzava, a vedersi messa in secondo piano – quasi a sentirsi augurare la morte per parto qualora fossero sorte complicazioni, perché era più importante salvare la vita di un bambino che sarebbe potuto diventare re piuttosto che la sua – da una madre che amava il potere e la sua reputazione più della sua stessa figlia. Margaret era una donna forte, mossa da un'inesauribile forza di volontà, che non ha mai smesso di lottare per ciò in cui credeva, e questo l'ha portata infine a ottenerlo. Nondimeno, la sua figura mi è stata fin da subito troppo ostile e non sono riuscita ad avvicinarmi a lei.
Niente da contestare invece nella storia e nella narrazione della Gregory che ho trovato come sempre strepitose ma che purtroppo non sono riuscita ad apprezzare a sufficienza a causa della protagonista. The Red Queen rimane comunque un buonissimo libro, probabilmente non il migliore della serie ma di certo indispensabile a completarla; e per quanto non sia riuscita a simpatizzare con la protagonista, ho profondamente apprezzato la scelta dell'autrice di non prendere una posizione ma di presentare la prospettiva di entrambe le rivali lasciando poi al lettore il potere di decidere.


Per chi fosse interessato, come per il precedente anche The Red Queen è stato tradotto in italiano e lo trovate nelle librerie con il titolo La regina della Rosa Rossa.

5 commenti:

  1. Ciao Martina! Ma sai che spesso e volentieri trovo in biblioteca i libri della Gregory ma alla fine non mi lascio mai tentare? A giudicare da quello che hai scritto, credo proprio che inizierò da The White Queen.
    A riguardo delle considerazioni che hai fatto sulla protagonista, non avendolo letto, non so che dire: è certo però che hai ragione sul fatto che un personaggio femminile tutto d'un pezzo e troppo religioso possa risultare fastidioso.
    Se lo leggerò, ti farò sapere cosa ne penso!

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    1. The White Queen secondo me è molto bello, a me ha preso davvero tantissimo e poi lei – a mio parere – scrive molto bene :) Anche The Red Queen è bello eh, ma purtroppo ha scelto come protagonista un tipo di personaggio per il quale non riesco proprio a simpatizzare e questo, dal mio punto di vista, l'ha penalizzato molto. Se dovessi leggere uno dei due fammi sapere che ne pensi, mi raccomando!

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Ciao :-) Sono una tua nuova iscritta :-) Non ho mai letto niente della Gregory anche se ne ho sentito parlare benissimo. Della storia della Guerra delle rose ho visto la serie tv The White Queen e devo dire che anche non avendo letto questo libro il personaggio di Margaret Beaufort che hai descritto lo riprende perfettamente. Anche nella serie tv, ne viene fuori un personaggio odioso egoista e privo di sensibilità. Diciamo pure che la scusa della voce di Dio a un certo punto non regge più, l'idea è quella di una mezza matta che si fa passar per tale per non andare in guerra, detto in termini moderni ;-) Comunque credo proprio che leggerò qualcosa della Gregory, mi piacciono molto i romanzi storici :-) Se ti va di passare dal mio blog sei la benvenuta, ti lascio il link : http://miklatrailibri.blogspot.it/

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  4. Cara Martina,
    dopo anni dalla chiusura del blog cultural-letterario Cipria e Merletti torno con un nuovo blog, in parte simile nell'intento ma completamente rinnovato.
    Spero verrai a dare un'occhiata nelle prossime settimane!

    Irene del blog "Leafing Life"

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