Salve a tutti! Oddio, mi rendo conto che sono passati già venti giorni dall'ultima volta che ho aggiornato il blog e chiedo scusa per questa enorme mancanza. Le ultime due settimane mi hanno vista alle prese con un sacco di impegni tra viaggi, lavoro (che di solito non ho quindi dovrei vederla come una cosa positiva!) e scadenze varie; sono riuscita a fatica ad aprire un libro, figuriamoci a scrivere qualcosa.
Mi scuso veramente per questa lunga assenza e prometto di tornare più attiva che mai! Oggi, intanto, è finalmente giunto il momento di una recensione cui tengo molto.
Lasciatemi fare una premessa: io AMO Virginia Woolf. La sua prosa encomiabile, la complessa costruzione psicologica dei suoi personaggi, la profondità delle sue osservazioni... È una di quelle autrici che hanno il potere di entrarti dentro e smuovere qualcosa di importante, di riempire ogni piccolo vuoto con l'intensità delle sue storie e delle sue parole. È senza dubbio una delle mie autrici preferite, nonostante abbia letto ancora molto poco di suo, e sono determinata a recuperare tutto ciò che mi manca nel più breve tempo possibile. Ma ora passiamo alla recensione :)
Dio solo sa perché ci piace tanto, perché la vediamo così, ce la inventiamo, la fantastichiamo, la facciamo e disfacciamo ogni momento diversa; e così fanno anche le donne più disgraziate, gli uomini più miserabili, buttati su un marciapiede (inebetiti a forza di bere); e non ci sono atti del Parlamento che tengano, proprio per questa ragione, ne era sicura: perché anche loro amano la vita.
La storia de La signora Dalloway si svolge nell'arco di poco meno di ventiquattrore che vanno dalla tarda mattinata, in cui l'omonima protagonista si reca ad acquistare i fiori per la sua festa, alla notte che farà da sfondo alla festa sopracitata riunendo in un unico luogo alcune tra le più importanti figure della borghesia inglese. Clarissa Dalloway, con la sua fredda bellezza, l'insensibilità nei confronti della povertà e il suo essere schiava della vanità e di pensieri effimeri, incarna alla perfezione il simbolo della ricchezza materiale e del profondo vuoto interiore di cui questa classe borghese si fa portatrice. Ma Clarissa nasconde anche un complesso mondo interiore, frutto di una passata malattia che non viene mai realmente approfondita, e che la trascina senza sosta dal provare un intenso amore per la vita al temerla al punto di sentirsi completamente inerme davanti alla sua imponenza.
Un solo personaggio sembra condividere il profondo disagio di Clarissa: si tratta di Septimus Warren Smith, un veterano della prima guerra mondiale che soffre di disturbi mentali. Septimus è di fatto l’unico personaggio della storia a non figurare tra le conoscenze di Clarissa e, di conseguenza, l’unico (insieme alla moglie) a non prendere parte alla sua festa; eppure le due figure sono molto più vicine di quanto possano immaginare ed è proprio nel comportamento di Septimus che sembrano prendere forma i pensieri di Clarissa.
Ma il fascino di questo romanzo sta nei suoi veri protagonisti che, a mio parere, non sono i personaggi con le loro azioni bensì i loro pensieri, sentimenti e ricordi che si rincorrono per l’intera narrazione lasciando in secondo piano i fatti concreti. La ricerca dell’identità è uno dei temi portanti del romanzo che spinge i personaggi a interrogarsi sul loro passato e il loro futuro, sottolineando così il rischio dell’annullamento personale cui minaccia di portare l’affermarsi di una società frivola e materialista: dalle sue pagine traspare così una elevata paura per la perdita della propria identità, il timore di scomparire agli occhi del mondo e di diventare il banale surrogato di qualcun altro.
Attraversarono la strada, il signore e la signora Warren Smith, e dopo tutto, che c’era in loro che attirasse l’attenzione, tanto da fare sospettare a un passante che proprio quel giovane uomo portava dentro di sé il più grande messaggio del mondo, ed oltre a questo, era non solo l’uomo più felice del mondo, ma anche il più disperato?
Un solo personaggio sembra condividere il profondo disagio di Clarissa: si tratta di Septimus Warren Smith, un veterano della prima guerra mondiale che soffre di disturbi mentali. Septimus è di fatto l’unico personaggio della storia a non figurare tra le conoscenze di Clarissa e, di conseguenza, l’unico (insieme alla moglie) a non prendere parte alla sua festa; eppure le due figure sono molto più vicine di quanto possano immaginare ed è proprio nel comportamento di Septimus che sembrano prendere forma i pensieri di Clarissa.
Ebbe la curiosa impressione di essere invisibile; non vista; non conosciuta; e d’un tratto non ci furono più né matrimonio né figli, ma soltanto quella stupefacente, e piuttosto solenne processione insieme con tutti gli altri, su per Bond Street; e questo era essere la signora Dalloway, non più Clarissa, solo la signora Dalloway.
Ma il fascino di questo romanzo sta nei suoi veri protagonisti che, a mio parere, non sono i personaggi con le loro azioni bensì i loro pensieri, sentimenti e ricordi che si rincorrono per l’intera narrazione lasciando in secondo piano i fatti concreti. La ricerca dell’identità è uno dei temi portanti del romanzo che spinge i personaggi a interrogarsi sul loro passato e il loro futuro, sottolineando così il rischio dell’annullamento personale cui minaccia di portare l’affermarsi di una società frivola e materialista: dalle sue pagine traspare così una elevata paura per la perdita della propria identità, il timore di scomparire agli occhi del mondo e di diventare il banale surrogato di qualcun altro.
Volubile, inquieto, il secondo orologio suonava sulla scia del Big Ben, col suo grembo ingombro di sciocchezze.
Un altro tema fondamentale è il tempo che si impone all’interno della narrazione in due modi ben distinti. Da una parte, lo ritroviamo nella continua opposizione tra passato e presente, vita e morte, che forma una trama lungo la quale si snodano i vari personaggi, costantemente impegnati a ritornare con la mente al passato e farlo rivivere nel loro presente. Dall’altra, si manifesta con maestosità nei rintocchi delle campane del Big Ben che ne scandiscono l’incedere inesorabile e crudele, segno dell’avvicinarsi dell’ora della morte.
Quello che Virginia Woolf fa con questo romanzo è, a mio parere, qualcosa di straordinario che, se da un lato mette in luce il suo animo tormentato, dall’altro dimostra una profonda conoscenza dei meccanismi della mente umana. Nel fornire il complesso ritratto di una Londra che va via via perdendo il proprio senso di identità, Virginia si interroga sulle disastrose conseguenze di questo processo, e lo fa scandagliando l’animo umano fin nei suoi meandri più profondi e con un’intensità che non può certo lasciare indifferenti.
Anche l’amore distrugge. Tutto ciò che era bello, tutto ciò che era vero, finiva.
Quello che Virginia Woolf fa con questo romanzo è, a mio parere, qualcosa di straordinario che, se da un lato mette in luce il suo animo tormentato, dall’altro dimostra una profonda conoscenza dei meccanismi della mente umana. Nel fornire il complesso ritratto di una Londra che va via via perdendo il proprio senso di identità, Virginia si interroga sulle disastrose conseguenze di questo processo, e lo fa scandagliando l’animo umano fin nei suoi meandri più profondi e con un’intensità che non può certo lasciare indifferenti.
Per quanto possa sembrare un percorso anomalo, mi sono avvicinata a Virginia Woolf non attraverso le sue opere ma grazie al suo diario, in un periodo in cui mi interessava approfondire la letteratura diaristica. Il suo stile e l’intensità dei sentimenti che traspariva da quel testo mi hanno tuttavia immediatamente convinta di non trovarmi di fronte a un’autrice come tante ma a una donna che si faceva carico di molte più emozioni di quante il suo esile corpo ne potesse contenere, come testimonia del resto la sua tragica fine. Virginia Woolf è un torrente in piena, un pozzo che straripa di sentimenti, pensieri ed emozioni. La signora Dalloway riflette perfettamente questa sua personalità e i suoi tormenti interiori, portandoli alla luce nella magnifica forma di un romanzo breve ma intenso. Non conosco ancora le altre sue opere e non saprei come collocarlo al loro interno, ma ho amato questo libro, l’ho divorato e ha letteralmente assorbito la mia anima, per questo lo consiglio a tutti senza indugio, perché Virginia Woolf è un’autrice che semplicemente non può essere ignorata.
Molto bello ed interessante questo post! Anche io sono molto affascinata dalla figura della Woolf e vorrei sempre saperne di più. La mia prima lettura è stata "Una stanza tutta per se'" , interessantissimo e arguto, ti viene veramente voglia di conoscerla meglio! "La signora Dalloway" non l'ho letto integralmente ma la versione "La signora Dalloway in Bond Street ed altri racconti" mentre un po' di tempo fa avevo cominciato a leggere "Le Onde", veramente bello ma anche molto impegnativo, richiede un'attenzione e un tempo che purtroppo adesso non ho. Il diario prima o poi lo leggerò, piacciono molto anche a me! Non so se possa interessarti, e probabilmente lo conosci già, ma per Feltrinelli è uscito un volume di Eugenio Borgna che s'intitola "D'armonia risuona e di follia" in cui vengono analizzati diversi artisti tra cui lei. Bene, adesso chiudo questo papiro immenso, sorry! ^^"
RispondiEliminaVirginia Woolf non è decisamente un'autrice da leggere a cuor leggero, e non è un'autrice che leggerei in ogni momento della mia vita ma non posso fare a meno di amarla (almeno per quel poco che la conosco). "Una stanza tutta per sé" mi incuriosisce molto e pensavo di farne il mio prossimo libro firmato Woolf :)
EliminaNon conoscevo il testo di Eugenio Borgna, ho cercato un po' online e sembra davvero interessante! Prima o poi mi piacerebbe leggerlo.
Ciao! Non ti preoccupare per il ritardo nelle pubblicazioni, se poi il risultato è un post di qualità come questo :-)
RispondiEliminaQuanto a Virginia Woolf, che dire? "La signora Dalloway" è uno di quei classici che vorrei sempre leggere, ma... alla fine antepongo costantemente le nuove uscite editoriali. La tua bella recensione però mi ha dato la conferma di quello che già pensavo: si tratta di una storia nella quale i veri protagonisti sono i sentimenti e le emozioni dei personaggi.
Spero di poter scrivere presto anche io qualche parere su VIrginia Woolf sul mio blog :-)
Grazie per i complimenti, non ho mai troppa fiducia in quello che scrivo e accrescono non di poco la mia autostima :)
EliminaQuello delle nuove uscite è un grossissimo problema che capisco non poco: da una parte ti riempie di entusiasmo per tante nuove letture, dall'altra non fa che allungare una wishlist già fin troppo lunga che non vedrà mai fine XD Spero però di leggere presto qualcosa sulla Woolf anche nel tuo blog!
Qualche tempo fa durante un festival letterario, ho avuto occasione di ascoltare un dibattito sulla traduzione di questo romanzo da parte di Chiara Valerio e Anna Nadotti, appunto la traduttrice. È stata una conversazione magnifica. Non ho mai letto Mrs Dalloway, ma il desiderio che mi hanno suscitato di gettarmi a capofitto sulla scrittura della Woolf è stato incredibile.
RispondiEliminaComplimenti per la tua recensione, hai solo confermato la mia necessità di leggere Mrs Dalloway :)
Da aspirante traduttrice, credo che tradurre la Woolf debba essere un'esperienza difficile ma estremamente intensa, sarei stata davvero curiosa di assistere a quel dibattito! Se lo leggerai fammi sapere cosa ne pensi :)
EliminaCiao Mami, ci hai regalato una recensione bellissima e approfondita di un libro che mi intimorisce molto. Ebbene si, Virginia Woolf mi fa paura e continuo a rimandarne la lettura. La tua recensione, però, è talmente approfondita e piena d'ammirazione che, come dici tu, semplicemente mi fa capire che non potrò ignorare la mia omonima -xD - ancora a lungo.
RispondiEliminaUn abbraccio!
Sai, devo dire che capisco benissimo il tuo timore nei confronti di Virginia Woolf... Non è un'autrice semplice da affrontare e sicuramente sconsiglierei di farlo a cuor leggero, ma a mio parere merita davvero di essere letta. Spero che un giorno riuscirai a superare la tua paura e leggere qualcosa di suo :)
EliminaComprendo bene questa passione per la Woolf. Ci conosciamo appena, quindi lo racconto in breve anche a te. Qualche anno fa, rivedendo il film "The hours", del quale poi lessi anche il libro di Cunningham da cui era tratto, mi innamorai di Virginia Woolf e mi saltò in mente di rappresentarla in palcoscenico. Scrissi una riduzione del film e la misi assieme ad altri contenuti, dopo aver letto Una stanza tutta per sé, La signora Dalloway, Flush e il bellissimo saggio di Nadia Fusini sulla Woolf. Ne venne fuori un testo che divenne uno spettacolo molto apprezzato (se vuoi, dai un'occhiata ai post da me)e da allora continuo a imbattermi i questa multiforme e complessa personalità. Ultimamente ho acquistato un diario di Leonard Woolf sugli ultimi giorni dell'amata moglie.
RispondiEliminaCiao e grazie per essere passata :) Ma che bella idea quello dello spettacolo che hai organizzato! Passerò sicuramente a leggere i post in merito sul tuo blog. Io la Woolf l'ho scoperto molto di recente ma mi ha letteralmente folgorata.
EliminaSto pensando seriamente di rieditare quello spettacolo e offrire altre sfaccettature di Virginia. Mi solletica non poco l'idea.
EliminaHo ancora un conto in sospeso (nel senso che l'ho iniziato due volte, ma non sono mai andata oltre le venti pagine) con Gita al faro e ho faticato un po'con Una stanza tutta per sé, ma La signora Dalloway mi attira di più, dovrei forse tenere più presente questa lettura...
RispondiEliminaMi spiace che finora tu non abbia avuto grandissime esperienze con la Woolf, ma dopotutto ogni libro, ogni autore rappresentano qualcosa di diverso per ognuno di noi e forse semplicemente lei non è l'autrice adatta a te. Sarei felice di vederti apprezzare La signora Dalloway ma spero di non darti vane speranze...
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