tag:blogger.com,1999:blog-81735016785778085962024-03-13T18:43:02.503+01:00Biblioteca al femminileMamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.comBlogger29125tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-11979371575382165682017-06-17T19:04:00.000+02:002017-06-17T19:05:11.906+02:00Nuova vita...<div style="text-align: justify;">
Buongiorno lettrici!</div>
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Sono una blogger in preda a una profonda crisi esistenziale, come immagino abbiate potuto dedurre dalle mie ripetute assenze dalla blogosfera. Sono molto cambiata nel corso di quest'ultimo anno e da mesi ormai mi interrogo sulla credibilità del mio volto online, di questo piccolo spazio virtuale.</div>
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Ho creato <i>Biblioteca al femminile</i> un anno fa (più esattamente 11 mesi e 12 giorni fa, è quasi il suo compleanno!) con l'intento di promuovere la scrittura femminile, discutere la figura della donna in letteratura e rendere le autrici di oggi e di ieri un po' più parte del mondo culturale, che è stato troppo a lungo nella storia monopolio di un'unica metà della società. Ho aperto <i>Biblioteca al femminile </i>mossa da forti ideali in cui credevo ardentemente e in cui credo tutt'ora ma, proprio in nome di quegli ideali, ho da tempo iniziato a dubitare dell'efficacia del metodo da me scelto, con il timore che si stesse rivelando, alla fine, controproducente. Al contempo, iniziavo anche a sentire il bisogno di uno spazio che fosse più mio, più personale e meno – concedetemelo – "divulgativo".</div>
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Per mesi mi sono arrovellata in merito a questa scelta. Ho amato e amo tutt'ora questo blog, l'unico in vita mia che sia riuscita a portare avanti con passione così a lungo, mi ha dato tantissimo, mi ha aiutata a suo modo a crescere e penso che la decisione sofferta cui sono infine giunta sia proprio il frutto di questa acquisita maturità. Credo ancora nell'importanza della promozione della scrittura femminile, ma oggi penso anche che relegarla a una nicchia, anziché accrescerne la presenza all'interno dell'ambito letterario generale, non sia il modo migliore per promuovere l'uguaglianza di genere. </div>
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Per questo, non dirò che <i>Biblioteca al femminile</i> sta per chiudere, ma preferisco dire che rinascerà a nuova vita, che amplierà i suoi orizzonti, in un nuovo blog letterario dal taglio più personale, con una maggiore varietà di generi e autori – sempre, ovviamente, nei limiti dei miei gusti personali, che non si discostano molto da quelli qui proposti – ma che riprenderà molte delle rubriche avviate in questo spazio, con il quale manterrà sempre attivo il collegamento.</div>
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Sono al contempo spaventata ed elettrizzata da questa scelta, ma so che è un'evoluzione inevitabile, che non mi porterà ad allontanarmi dai miei migliori propositi ma mi aiuterà, anzi, ad arricchirli. Spero vi andrà di continuare a seguirmi.</div>
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Se sì, ci vediamo su...</div>
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<span style="font-size: large;"><b><a href="http://mamitrailibri.blogspot.it/">Mami tra i libri</a></b></span><br />
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-6978614120463772562017-05-20T18:56:00.002+02:002017-05-31T18:20:02.489+02:00"Le rose di Versailles" (Lady Oscar) di Riyoko Ikeda<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutte, lettrici! Il tempo scorre alla velocità della luce e scivola via senza nemmeno che me ne accorga, soprattutto quando, come da un po' di mesi a questa parte, ho tra le mani diversi lavori (e relative scadenze) da portare a termine. E così il tempo per la lettura e il blog tende a scarseggiare, costringendomi a rimandare continuamente cose che vorrei leggere e di cui vorrei parlare, che non fanno altro che accumularsi all'infinito. Ma in tutto questo c'è anche qualcosa di positivo: sto facendo (finalmente!) un lavoro che amo e in cui sto cercando di specializzarmi al meglio, è finalmente arrivata l'estate che ho tanto atteso e, non ultimo, grazie al lavoro sto riprendendo in mano vecchie passioni che avevo abbandonato da tempo. Proprio per questo, quando la settimana scorsa sono tornata per un po' a casa dei miei, ho deciso di riprendere in mano un vecchio manga che non leggevo da moltissimo, ma che per quasi tutta la vita mi ha appassionato e che, ancora una volta, è tornato a donarmi forti emozioni. Sto parlando, ovviamente, del bellissimo <i>Le rose di Versailles </i>di Riyoko Ikeda, meglio conosciuto in Italia come <i>Lady Oscar</i>.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-APYxGrRzh84/WS7PSk2aB6I/AAAAAAAABTg/5FJLktRXr68tFj4ShVXkMgriCZV_uPsTQCLcB/s1600/61gOfeIRoGL._SY333_BO1%252C204%252C203%252C200_.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="335" data-original-width="499" height="214" src="https://1.bp.blogspot.com/-APYxGrRzh84/WS7PSk2aB6I/AAAAAAAABTg/5FJLktRXr68tFj4ShVXkMgriCZV_uPsTQCLcB/s320/61gOfeIRoGL._SY333_BO1%252C204%252C203%252C200_.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una delle tante versioni giapponesi del manga.</td></tr>
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Pietra miliare della storia del fumetto e dell'animazione giapponesi, è impossibile negare che <i>Lady Oscar</i> abbia colmato l'infanzia di ognuna di noi, facendo innamorare, sognare e anche emozionare generazioni di bambine e adolescenti. Penso di poter dire senza remore che si tratta, ancora oggi, di una delle opere più belle e coinvolgenti mai realizzate a livello di fumetto e animazione, tanto da nutrire ancora una folta schiera di appassionati e contare innumerevoli ristampe, rivisitazioni, nonché spettacoli teatrali a esso dedicati; e pensare che quando la Ikeda propose per la prima volta la storia al suo editore si vide rispondere che a nessuno sarebbe mai interessato un manga ambientato nel '700 europeo. Inutile dire che le previsioni dell'editore furono ben presto smentite, e l'opera ottenne un grande successo sia in patria che all'estero, facendo della sua eroina una vera e propria icona a livello mondiale. Con la sua opera, la Ikeda è infatti meritevole non solo di aver presentato al pubblico un nuovo modello di eroina in cui identificarsi, ma di aver segnato un punto di svolta nella storia del manga che, fino a quel momento, era stato di esclusiva competenza maschile. La stessa autrice, in un'intervista, confessa: "<i>Quando ho scritto </i>Le rose di Versailles<i> era sicuramente difficile per una donna, e soprattutto per una donna in Giappone, guadagnarsi da vivere da sola. C’erano molte resistenze da parte degli uomini e, anche nel mondo dei mangaka la retribuzione delle donne, a parità di carriera e pubblicazioni, era la metà della loro. […] Una donna che raggiungeva una condizione più alta di un uomo veniva osteggiata e mi è capitato anche di ricevere telefonate di insulti da parte di uomini.</i>" <i>Lady Oscar</i>, a suo tempo, venne pertanto a rappresentare una vera e propria rivoluzione nel mondo del fumetto giapponese sia a livello di tematiche trattate che di modalità, aprendo la strada a numerose autrici a seguire, e divenendo così una leggenda e un modello di ispirazione per molte giovani donne nel mondo. <span style="text-align: justify;">E poi, vogliamo forse negare come molte di noi abbiano imparato la storia della rivoluzione francese proprio grazie a lei?</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>1755... Quell'anno, in tre diversi paesi europei, nacquero tre persone che, in seguito, il destino avrebbe fatto incontrare a Versailles, in Francia. </i><i>In Svezia, un regno del nord Europa, nacque Hans Axel von Fersen, primogenito di un senatore di nobile estrazione. Fersen era dotato di immense ricchezze e di una elevata posizione sociale, di compostezza, di perspicacia e di una figura ben proporzionata e virile, che poi avrebbe fatto battere il cuore di tutte le dame di Versailles. </i><i>Oscar Françoise de Jarjayes nacque invece in un palazzo aristocratico non lontano da Versailles. Era l'ultima figlia di una nobile casata i cui appartenenti, grazie all'appoggio della famiglia reale, detenevano da generazioni la carica di generale della guardia reale. </i><i>E infine... la sventurata regina Maria Antonietta, che il destino avrebbe proiettato nel vorticoso turbine della storia.</i></blockquote>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-FB4_HIYZxVA/WS7PWDrF6WI/AAAAAAAABTo/L2AcnWjA6-0Kc30_SwWelt5KGRXqRRAXwCEw/s1600/lady-oscar-2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="964" data-original-width="758" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-FB4_HIYZxVA/WS7PWDrF6WI/AAAAAAAABTo/L2AcnWjA6-0Kc30_SwWelt5KGRXqRRAXwCEw/s320/lady-oscar-2.jpg" width="251" /></a></div>
Così si apre una delle opere storiche (in tutti i sensi) del fumetto giapponese, introducendo fin da subito tre dei quattro personaggi fondamentali che muovono le redini della vicenda. Come immagino ormai tutte sappiate, <i>Lady Oscar </i>narra la storia della giovane regina Maria Antonietta e della prima rivoluzione francese del 1789, che portò alla temporanea caduta della monarchia e all'instaurazione della Prima Repubblica. Alla storia della rivoluzione si affianca però anche la storia delle persone che la popolarono, alcune realmente esistite e altre frutto dell'invenzione dell'autrice, e la vicenda storica diventa teatro per la narrazione di un'esperienza umana fatta di amore, fastosità e pathos, ma anche di povertà, sofferenza, ingiustizie e tradimenti. <b>Maria Antonietta, il Conte di Fersen, Oscar e André, i quattro personaggi che si muovono su questo scenario sono descritti come figure che ardono di passione, del bisogno di amare ed essere amati a loro volta, ma che si consumano di un amore tanto intenso quanto impossibile a causa delle rigide imposizioni sociali che regolano le loro vite. </b>André è da sempre innamorato di Oscar, ma costretto a limitarsi al ruolo di suo fedele braccio destro con la consapevolezza, a causa della mancanza di un titolo nobiliare, di non poter aspirare a nulla di più; Oscar è innamorata di Fersen, ma rassegnata a non veder mai coronato il suo sogno d'amore a causa della sua posizione che le impone, tra le altre cose, di fingersi un uomo agli occhi di tutti se non di poche persone fidate; Antonietta e Fersen si amano di un amore sconfinato che non potranno però mai vedere coronato poiché lei è la Regina di Francia.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Fersen... Nel tuo cuore non c'è un posto libero per me... anche piccolo? Oppure sei deciso a correre verso la rovina, con il cuore colmo dell'amore irrealizzabile per la regina Antonietta? Che pena... Tutti gli esseri umani, dunque, sopportano in solitudine una passione bruciante, consumati dal loro stesso amore? Ditemi, André... Rosalie...</i></blockquote>
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Due mondi si intrecciano vorticosamente in questa tormentata vicenda: quello della <b>nobiltà raffinata e sperperatrice </b>e quello del <b>popolo affamato e oppresso</b>; due realtà che più diverse non potrebbero essere, ma che la Ikeda mette costantemente in relazione l'una con l'altra, analizzandole e confrontandole. È questo che emerge dalla mediazione imposta dai personaggi di Oscar e André – una nobile e un borghese che si lasciano trascinare dal vortice di vicende che sconvolge ambedue le realtà – così come dalla resa del personaggio di Maria Antonietta. La Regina di Francia viene infatti dipinta come una fanciulla di animo affabile e generoso; una bambina che sacrifica la sua felicità in favore di un'alleanza tra il suo paese, l'Austria, e la Francia; una ragazza amabile e ingenua che si lascia facilmente ingannare e coinvolgere nel giro degli sperperi e del gioco d'azzardo; una donna infelice, bisognosa d'amore ma disposta a rinunciarvi in nome del suo ruolo politico, rifugiandosi in un altro tipo di amore, quello per i propri figli; una regina degli sprechi e della magnificenza che ha però sempre agito in buona fede, inconsapevole delle reali conseguenze delle sue azioni.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-FXMkc8votMU/WS7PTyNSYbI/AAAAAAAABT0/nCuf2HoUykg5p83xT5V7icxsGU8OBrYYgCEw/s1600/59325.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="396" data-original-width="704" height="180" src="https://1.bp.blogspot.com/-FXMkc8votMU/WS7PTyNSYbI/AAAAAAAABT0/nCuf2HoUykg5p83xT5V7icxsGU8OBrYYgCEw/s320/59325.jpg" width="320" /></a></div>
Il punto di incontro tra questi due mondi è proprio nella figura di Oscar che, nobile lei stessa, se da una parte si avvicina sempre più al popolo aprendo gli occhi sulla sua infelice condizione e l'ingiustizia del modo in cui è trattato e costretto a vivere, dall'altra non si allontana mai completamente dalla sua regina, nella quale continua a vedere una donna dolce e generosa, sempre degna del suo affetto. Mentre il popolo soffre la fame a causa di una nobiltà che non è in grado di avvedersi che una simile sofferenza possa esistere nella vita di una persona, esso vede i nobili come delle figure che trascendono l'animo umano, incapaci di provare emozioni né dolore alcuno. <b>Eppure questi individui, sebbene così lontani tra loro e destinati probabilmente a non incontrarsi mai, sono in realtà più vicini e simili di quanto possano immaginare, uniti dalla stessa capacità di amare, soffrire e commettere errori, perché dopotutto sono "<i>tutti umani allo stesso modo</i>".</b></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Sono venuta in questo paese come sposa del Delfino di Francia quando avevo appena quattordici anni. Ero ancora una ragazzina ignara dell'amore, che pensava solo a giocare... In nome dell'alleanza tra Austria e Francia sono diventata la sposa del Delfino, quindi la Regina, la madre della patria. E così sono stata costretta a dimenticare che sono prima di tutto una donna, una donna di nome Maria Antonietta. [...] Prima ancora di essere una regina, io sono un essere umano! Sono semplicemente una donna, una donna nel cui petto batte un cuore vivo! Sono una donna che aspetta tremante di amare e di essere amata, proprio come chiunque altra! Fersen... Aver incontrato quell'uomo, amarlo ed esserne amata... tutto questo dà un senso alla mia giovinezza. È lui il mio primo amore! Nemmeno Dio può impedire al mio sangue di fluire verso Fersen, e di sbocciare come un fiore scarlatto!</i></blockquote>
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Ma a risaltare, tra tutti, è sempre il personaggio di Oscar. Cresciuta fin da piccola come un ragazzo, Oscar succede presto al padre a capo della guardia reale, diventando uno dei consiglieri più fidati della regina. Grazie alla sua avvenenza è solita lasciare sempre dietro di sé uno stuolo di fanciulle innamorate, molte delle quali convinte che si tratti di un uomo, una di queste è la giovane <b>Rosalie</b>, una fanciulla del popolo che Oscar accoglie in casa sua e che, anche dopo essere venuta a conoscenza <br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-ez9QVPdpo8U/WS7PXfbg-YI/AAAAAAAABT0/HMP4qDl1HhA6BbhtTEl0MR0jWOuSbMo-QCEw/s1600/06091118_55764cfa5c259.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="500" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-ez9QVPdpo8U/WS7PXfbg-YI/AAAAAAAABT0/HMP4qDl1HhA6BbhtTEl0MR0jWOuSbMo-QCEw/s320/06091118_55764cfa5c259.png" width="320" /></a></div>
della sua vera identità, continuerà per molto tempo ad ammirarla e a sperare nel coronamento del suo sogno d'amore, fino a quando il suo sentimento non si trasformerà in un affetto profondo e sincero. Ma Oscar, pur vestendo e comportandosi da uomo, rimane nel suo intimo una donna, cosa di cui prenderà completamente coscienza solo grazie al suo tormentato amore per Fersen, sentimento che la spingerà a indossare i panni femminili per la prima volta nella sua vita al solo scopo di essere guardata e ammirata come donna dall'uomo che ama. <b>In un involucro maschile Oscar nasconde a tutti gli effetti un cuore di donna: ama come una donna, soffre come una donna, abbraccia tutte le forze e le debolezze di una donna, e non di una donna qualunque ma di una donna innamorata fin nei meandri più intimi del suo cuore.</b><br />
Quello di Oscar è un personaggio affascinante, intenso e originale ma, nel descrivere la sua grandezza, l'autrice non manca certo di esporla ai pregiudizi riservati a ogni degna esponente del "gentil sesso". <b>Non basta essere stata il generale della guardia reale per far dimenticare a chi la circonda di non essere altro che una donna, non sono sufficienti la forza, il coraggio, la passione e i buoni propositi per convincere del suo valore come essere umano e come soldato, per essere rispettata.</b> E così, quando sceglie di farsi declassare a capo della guardia francese, privata di qualunque privilegio le spettasse nella guardia reale, non sarà facile per lei farsi accettare dai suoi nuovi soldati. Innumerevoli volte essi si ribelleranno ai suoi comandi e organizzeranno scherzi al solo fine di indurla a rinunciare alla sua carica per il semplice fatto di non poter accettare di essere comandati da una donna; eppure saranno proprio la sua onestà e il suo coraggio di affrontarli alla pari che li convincerà, infine, ad accettarla.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Punirvi sarebbe fin troppo facile... ho tutto il potere per farlo! Ma, ditemi... che senso avrebbe reprimere con la forza i vostri atti di ribellione?! Potrei forse costringervi a obbedirmi esteriormente, ma non interiormente! Perché lo spirito è libero! Ciascuno di noi... qualsiasi essere umano... finché resta tale... possiede la libertà dello spirito! Lo spirito non si fa schiavo di nessuno, e non è proprietà di nessuno! Per questo... per questo preciso motivo, non avrebbe alcun senso reprimere le vostre ribellioni facendo ricorso alla mia autorità... per questo non avrebbe senso punirvi.</i></blockquote>
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Oscar è forte, è valorosa, ma è anche fragile e sente il bisogno di abbandonarsi alla tenerezza e all'amore – prima di Fersen e poi del fedele André – come sostegno fondamentale al peso di una posizione che il suo sesso non è ritenuto all'altezza di occupare e di una serie di scelte che la porteranno a mettere in discussione tutto quello che è stata la sua vita fino a quel momento. Arriverà anche a interrogarsi sul matrimonio e sul significato della felicità per una donna, Oscar, proverà insicurezza e si chiederà se forse sarebbe dovuto essere tutto diverso. Ma c'è una cosa, una soltanto, che non rinnegherà mai e di cui sarà sempre grata: il fatto di aver avuto, a un certo punto della sua vita, la possibilità di scegliere chi essere veramente – cosa che non rappresentava necessariamente un diritto per le donne dell'epoca – e quello di essere stata sempre, in ogni momento, fedele a se stessa. </div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i><span style="text-align: start;">Anche se sono una creatura infima, indegna della misericordia di cui Dio l'ha investita, ho vissuto la vita che mi è stata assegnata rimanendo fedele a me stessa senza rimpiangerne neppure un istante. Esiste forse felicità più grande, per un essere umano?</span></i></blockquote>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-yzxPpD9qWJM/WS7PWyXDFoI/AAAAAAAABT0/z-OPOhMm0Mo28uJ0uomuC5s7VZD3vE3bwCEw/s1600/ladyoscarspine_jpg_1003x0_crop_q85.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="689" data-original-width="988" height="223" src="https://2.bp.blogspot.com/-yzxPpD9qWJM/WS7PWyXDFoI/AAAAAAAABT0/z-OPOhMm0Mo28uJ0uomuC5s7VZD3vE3bwCEw/s320/ladyoscarspine_jpg_1003x0_crop_q85.jpg" width="320" /></a></div>
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Sono da sempre profondamente e immensamente grata a Riyoko Ikeda non solo per aver ideato un'eroina così affascinante e fonte di ispirazione per milioni di giovani donne in tutto il mondo, ma anche per aver dato vita a questa meravigliosa storia intrisa di poesia, passione e tanta, tanta bellezza. Che il fumetto sia da considerarsi esso stesso letteratura? Ho sentito dibattere infinite volte su questo argomento e oggi la mia risposta è sì. Se il fumetto è questo, allora non si può parlare d'altro che di intensa, impareggiabile letteratura.<br />
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A chiunque non avesse letto il manga e fosse interessato a farlo, io ho letto la versione della Planet manga pubblicata nel 2001 (dio, come mi sento vecchia!), ma ne esiste una più nuova edita dalla Goen (RW Edizioni) e uscita nel 2015. Nel frattempo, vi lascio con le sigle dell'anime, quella originale giapponese e le due italiane, qual è la vostra preferita? ;)<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/stjvK1jUp0g/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/stjvK1jUp0g?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/Orh8W4LoZU0/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Orh8W4LoZU0?feature=player_embedded" width="320"></iframe><br />
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-81028125132417134762017-05-10T13:04:00.000+02:002017-05-10T13:04:50.394+02:00E noi, cosa possiamo fare?<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutte :) In questi giorni la lettura va un po' a rilento (più che altro perché sto leggendo <i>Guerra e pace</i> e, anche leggendone duecento pagine, vista la sua mole, sembra sempre troppo poco), senza contare l'influsso della primavera che non manca mai di metterci il suo zampino e farmi crollare addormentata ogni sera appena tocco il divano. Nonostante le "poche letture" di quest'ultimo periodo ne ho però molte di arretrate in attesa di essere recensite, ma non sarà oggi il loro momento.</div>
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Oggi vorrei infatti soffermarmi su una questione che mi aveva molto coinvolta mesi addietro e cui sono tornata a pensare proprio in questi giorni grazie a <a href="http://giupyingermania.blogspot.it/2017/05/nevertheless-she-persisted.html">questo interessantissimo post</a> trovato sul blog di un'amica. La domanda di base che mi pongo è: cosa possiamo fare noi non solo come donne, ma come singoli individui, per combattere le discriminazioni di genere?<br />
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<a name='more'></a>Certo, oggi si parla molto di femminismo e di pari opportunità, si fanno manifestazioni in favore dell'uguaglianza di genere e contro il femminicidio, si istituiscono quote rosa e si discute senza sosta di modifiche alla lingua italiana per l'introduzione del femminile nei nomi di tutte quelle professioni che, fino a poco tempo fa, erano ritenute esclusivamente maschili. Tutto molto bello, sì, ma quello che mi sono sempre chiesta è: davvero tutto questo può servire a cambiare la situazione? E la risposta che mi sono sempre data è: be', fino a un certo punto. Non fraintendetemi, penso che l'abitudine e il linguaggio influiscano in modo esponenziale sulla mentalità delle persone e, sicuramente, abituare qualcuno a vedere, tanto per fare un esempio, un egual numero di uomini e donne in parlamento o a utilizzare la terminologia femminile di determinate professioni, può contribuire a creare l'idea che è del tutto normale per una donna accedere a certe cariche e occupazioni. Tuttavia, mi chiedo anche: che senso ha che in un posto di lavoro ci siano tante donne quanti sono gli uomini, se poi il loro parere non viene tenuto in considerazione e il loro operato sminuito? A cosa mi serve essere chiamata ingegnera, sindaca, avvocata, se poi il mio stipendio sarà inferiore a quello dei miei colleghi uomini solo perché sono una donna? Le parole e i numeri sono importanti, certo, ma lo sono ancora di più le azioni. E con azioni, intendo quelle di ogni singolo individuo.<br />
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Perché la mentalità patriarcale è ormai penetrata così a fondo nella nostra cultura (e parlo di cultura in quanto genere umano, non come italiani, tedeschi, francesi e via dicendo) e in ogni singolo aspetto della nostra vita, che finiamo per assecondarla senza neanche rendercene conto. È asservimento a una mentalità patriarcale quando nel corso di conferenze e riunioni di lavoro le donne, in numero schiacciantemente inferiore ai loro colleghi uomini, si sentono da questi inibite e si astengono dal fare interventi, come nel caso illustrato dalla mia amica; ma lo è anche quando a un colloquio di lavoro ci viene chiesto se abbiamo, o siamo intenzionate ad avere, figli e noi rispondiamo ossequiosamente senza contestare; quando ci stupiamo, seppur senza malizia, che una donna o un uomo stiano facendo un determinato lavoro; quando, in diverse occasioni, tendiamo a dividerci spontaneamente in gruppetti separando gli uomini dalle donne come a marcare che tra i due esiste una sostanziale differenza e non possono in alcun modo amalgamarsi insieme senza enfatizzare questa diversità; quando diciamo "noi donne siamo così e voi uomini così", perché anche se sono pienamente convinta della differenza tra uomini e donne, non si tratta certo di diversità basata su cose banali quali, ad esempio, i gusti personali e come svolgiamo determinate mansioni di routine; quando fanno una battuta sul nostro essere donne e noi non controbattiamo o, peggio, ridiamo; quando per strada incrociamo dei ragazzi sconosciuti che ci inviano salutini ammiccanti o apprezzamenti di vario genere e noi ci limitiamo a ignorarli, se non addirittura a esserne compiaciute; quando ci dicono: "Una ragazza della tua età non dovrebbe fare così" e noi pensiamo che, nonostante tutto, infondo sia proprio vero; quando siamo in crisi perché alla nostra età non abbiamo ancora trovato un uomo e "resteremo zitelle a vita"; quando rinunciamo ai nostri sogni per seguire e supportare quelli del nostro compagno, o quando, non desiderandolo fare, ci viene fatto notare da amici e parenti che siamo egoiste perché rischiamo di rovinare una famiglia per i nostri capricci e noi, pur non condividendo la loro opinione, ci limitiamo ad accettarla come tale senza nemmeno provare a far capire loro quanto di sbagliato ci sia in tutto questo; è assoggettamento a una mentalità patriarcale anche solo quando mettiamo al mondo un figlio e attacchiamo fuori dalla porta il classico fiocco rosa o azzurro, a seconda del sesso del nascituro, perché, come afferma Elena Gianini Belotti nel suo saggio <i>Dalla parte delle bambine – </i>di cui spero di proporvi una recensione a breve – questo semplice atto costituisce la primissima forma di differenziazione forzata tra i due sessi, che li condurrà poi in quella spirale senza fine di luoghi comuni e pregiudizi che è la nostra società, condizionandone forzatamente pensieri e azioni.<br />
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Sono certa che ognuna di noi, almeno una volta nella vita, abbia compiuto una di queste, o anche altre, azioni in modo del tutto naturale e privo di ogni intento di sottomissione. Tuttavia, sono perfettamente convinta che se vogliamo vedere le cose cambiare non dobbiamo limitarci a vivere la nostra vita come abbiamo sempre fatto, affidandoci alle quote rosa e alla grammatica, ma cercare di cambiare la mentalità della gente giorno per giorno, partendo dalle piccole cose e da chi ci sta vicino. E questo, a mio parere, è importante sì, quando abbiamo a che fare con persone grette, maschiliste e intenzionalmente discriminanti, ma anche e soprattutto quando si tratta di persone che non sono mosse dalla minima cattiva intenzione e attuano inconsapevolmente questi comportamenti. Questa è, per me, la cosa fondamentale: parlare con le persone, far loro notare le piccole ingiustizie quotidiane e difenderci quando ci mancano di rispetto, contribuire a diffondere la consapevolezza che ogni persona vale come singolo individuo – e non per essere uomo o donna, bianco o nero, bello o brutto – ed evitare di cadere noi stessi nel medesimo errore.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-74952724701961197682017-04-17T12:36:00.000+02:002017-04-17T12:46:03.218+02:00La bella e la bestia (2017)<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutti e buona Pasqua in ritardo! </div>
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Sono reduce da qualche giorno da una seconda visione cinematografica de <i>La bella e la bestia</i>, complice una madre appassionata di film Disney, e non posso fare a meno di dire la mia su una nuova trasposizione cinematografica della mia fiaba preferita (se non avete ancora visto il film, <b>attenzione agli spoiler!</b>). </div>
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Diretto da Bill Condon, <i>La bella e la bestia</i> è senza dubbio il film dell’anno: ampiamente sponsorizzato fin dall’anno precedente, non ha mai smesso di far parlare di sé sia in senso positivo che negativo. Se, da una parte, vi erano enormi aspettative dal punto di vista di storia e scenografia, nonché della scelta di un cast di tutto rispetto, dall’altra, critiche di vario genere hanno iniziato a piovergli addosso una dopo l’altra – soprattutto da parte di appassionati – man mano che nuovi dettagli e indiscrezioni venivano a galla: dalla scelta della protagonista, ai costumi, fino alla paura che non potesse reggere il confronto con il classico d’animazione del 1991.</div>
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Da grande appassionata del succitato classico, ammetto di avere avuto anch’io diversi dubbi riguardanti la produzione. In particolar modo, le mie perplessità ricadevano sulla scelta della protagonista: adoro Emma Watson come personaggio pubblico – è una ragazza bella, intelligente, indipendente e fortemente impegnata nel sociale e in una causa che a me stessa sta particolarmente a cuore – ma non ero convinta, e confesso di non esserlo tuttora, che la scelta di farle interpretare un personaggio come Belle fosse azzeccata. Comprendo le ragioni alla base della scelta, su cui tornerò in seguito, ma Emma è un’attrice nata da un fenomeno cinematografico non certo trascurabile come Harry Potter e, per quanto possa apparire svilente, per una consistente fetta di pubblico, soprattutto se si tratta di persone non molto informate sui suoi successivi lavori, rimarrà sempre un po' Hermione. Questo è il problema: volente o nolente, Emma si porta appresso l’inequivocabile immagine dell’intelligente maghetta, un personaggio con una forte identità che si è fatta in parte identità della sua stessa interprete, e la sovrapposizione tra questa immagine e quella di Belle, altro personaggio fortemente caratterizzato, rischia di creare una confusione di identità che potrebbe minare l’immedesimazione nel personaggio. Ciononostante, pur con qualche dettaglio e debolezza a livello di trama che, onestamente, avrei reso diversamente, <i>La bella e la bestia</i> di Bill Condon è senza dubbio un bellissimo film in grado di incantare i più piccoli così come i nostalgici del grande classico di animazione.</div>
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Proprio a questi ultimi, infatti, sembra particolarmente indirizzarsi il live action. Se con <i>Cenerentola </i>la Disney aveva optato per una reinterpretazione della fiaba attingendo ad alcuni elementi caratterizzanti del classico ma mantenendone, per certi versi, anche le distanze, <i>La bella e la bestia</i> si muove esattamente nella direzione opposta. Storia, personaggi, canzoni e ambientazioni rimandano tutti al vecchio film di animazione, seppure arricchiti da nuovi brani e personaggi, nonché intrecci che riavvicinano la trama del film a quella della fiaba originale, raccontata per la prima volta da Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve. Esemplare in questo senso è l’episodio in cui Belle chiede in regalo al padre una rosa, richiesta innocente che costituisce però l’elemento propulsore in grado di scatenare l’intera vicenda.</div>
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“<i>Io sono stato dannato a vita per una rosa.</i>”</div>
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Rispetto al precedente animato, questo nuovo film ha scelto un tono per certi versi più “politicizzante” – effetto dovuto in parte anche al nuovo adattamento italiano – calcando alcuni temi già proposti nel film del 1991 e facendone una bandiera idealistica. Il tema femminista della parità fra i sessi e dell’indipendenza della donna diventa un sostrato narrativo quasi costante facendo di Belle un’eroina femminista a tutti gli effetti – ragione che, per l’appunto, ha molto probabilmente portato alla scelta di Emma Watson, attivamente impegnata nella causa, come interprete della protagonista e volto simbolo del messaggio da veicolare. Se nella versione originale questi elementi emergono principalmente da alcune scene, tra cui quella famosa in cui Belle viene aggredita e punita dai suoi compaesani per aver provato a insegnare a una bambina a leggere – e quindi, indirettamente, per essere una donna che esce dagli schemi e addirittura pretende di essere istruita e libera di scegliere della propria vita –, in quella italiana si è puntato molto anche sul riadattamento del testo di alcune canzoni. Nel classico del 1991 la gente del villaggio cantava “È<i> una ragazza assai particolare, lei legge sempre che virtù. Chissà cosa sognerà? Dove va neanche lo sa, certamente un’altra non ce n’è quaggiù</i>”, vedendo in Belle una ragazza anomala e strana, i cui interessi erano del tutto incomprensibili dal loro punto di vista, ma che proprio per questo aveva anche qualcosa di affascinante che la portava a distinguersi dalla gente comune e la rendeva particolarmente interessante ai loro occhi. Nel nuovo film del 2017 cantano invece: “<i>È altezzosa e forse troppo sola, che troverà dentro di sé! Sembra priva di virtù, ogni giorno legge di più, cosa pensa una ragazza come Belle?</i>”, e viene evidenziata una certa ostilità nei confronti della protagonista da parte di un popolo che spicca per la sua ignoranza e non sembra accettare il fatto che lei voglia distinguersi. Per inciso, la versione originale, rimasta invariata nel live action, era una più semplice: “<i>Look there she goes that girl is so peculiar, I wonder if she’s feeling well. With a dreamy far-off look and her nose stuck in a book, what a puzzle to the rest of us is Belle</i>”, che a mio parere non esprime né l’ammirazione della vecchia versione italiana né il forte astio della nuova. Ad ogni modo, la mentalità patriarcale che vuole la donna moglie, madre e signora della casa – nonché, diciamocelo, “schiava” del marito – è spesso portata in primo piano soprattutto nella prima parte del film, come è possibile evincere anche dal dialogo che avviene tra Belle e Gaston in cui lui cerca di convincerla e sposarlo facendo leva sull'infelice destino cui può andare incontro una comune ragazza che non trova presto un uomo su cui fare affidamento e che lei conclude con un inequivocabile: “<i>Non sono una ragazza semplice e non ti sposerò mai</i>”. </div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-h4YvgZnHlLQ/WPSXLsX-nDI/AAAAAAAABTQ/7Moma5-1Pf02Li1b4RkBofhnOKC7JgIkgCEw/s1600/dims.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="170" src="https://1.bp.blogspot.com/-h4YvgZnHlLQ/WPSXLsX-nDI/AAAAAAAABTQ/7Moma5-1Pf02Li1b4RkBofhnOKC7JgIkgCEw/s320/dims.jpeg" width="320" /></a></div>
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L’enfasi sul tema tende ad affievolirsi man mano che Belle scopre un mondo nuovo e incantato dove il suo essere donna non è più motivo di oppressione quanto piuttosto una fonte di “interesse”. Ma quando, dopo il ballo, la bestia le chiede se sia felice, lei lo sorprende con un: “<i>Si può essere felici se non si è liberi?</i>”, che è ben diverso dal “<i>Se solo potessi rivedere mio padre</i>” della versione animata. In questo senso, il live action si spinge oltre indicando come causa del disagio di Belle non il semplice fatto di essere stata forzatamente separata dal padre, ma quello di essere ancora – nonostante tutto il lusso, i regali e la apparente serenità – niente più che una prigioniera, privata della libertà di decidere da sé dove stare e con chi, e questa celata forma di oppressione finisce con l’offuscare quella che altrimenti potrebbe tradursi in una sincera felicità.</div>
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Ho sempre considerato Belle un’eroina affascinante e indipendente, l’ho sempre amata per il suo essere così diversa e genuina e, ad essere sincera, da ragazzina mi ci sono sempre un po’ riconosciuta, vista la mia passione per la lettura e lo stesso infelice livello culturale del paese in cui sono cresciuta. Ho apprezzato l’impronta femminista che hanno voluto dare al film e che reputo di fondamentale importanza in epoca contemporanea, al contempo ho avuto però anche l’impressione che calcando un po’ troppo la mano su questa ideologia abbiano finito con il dare al film una resa per certi versi un po’ fredda, facendo addirittura apparire la protagonista a tratti leggermente spocchiosa. Ciononostante, ho molto apprezzato il film, che trovo molto ben realizzato, soprattutto dal punto di vista delle scenografie, e sono certa che potrà facilmente essere amato da molti. Con la speranza che nel frattempo ci si liberi dalle assurde teorie che continuano a vedere ne <i>La bella e la bestia </i>la sindrome di Stoccolma, che è in realtà ben lontana dal messaggio racchiuso nella fiaba.</div>
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<br /></div>
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</style>Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-71115281689455813712017-04-09T13:14:00.001+02:002017-04-09T13:16:02.047+02:00Si torna in pista!<div style="text-align: justify;">
Salve a tutti. Mi chiedo se leggerete ancora il mio blog...</div>
<div style="text-align: justify;">
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Sono stata lontana da queste pagine per un lungo periodo, sopraffatta da impellenti scadenze di lavoro, fastidiosi problemi di salute e anche un infelice avvenimento che cambierà la mia vita per sempre e cui, a distanza di un mese, devo ancora fare completamente l’abitudine. Non nascondo, in quei giorni, di aver sentito il blog un po’ come un peso, di aver desiderato più che mai prima un contatto con la realtà che non avrebbe mai potuto darmi e di aver addirittura valutato la prospettiva di abbandonarlo. Niente di nuovo, sarebbe almeno il decimo blog che abbandono nella mia vita. Ma sapete cosa? Alla fine, mi sono resa conto che mi mancava. Io, regina dell’incostanza, sono riuscita a portare avanti fino al nuovo anno un progetto iniziato nel luglio dell’anno precedente e, dopo averlo lasciato in sospeso per un paio di mesi, ho sentito inesorabile il bisogno di tornare a immergermici. Incredibile. Mi era mai successa una cosa del genere prima d’ora? No, decisamente no.</div>
<div style="text-align: justify;">
E così ho capito che quello cui ho dato inizio con questo blog è un progetto cui tengo davvero molto, in nome di un ideale che mi è immensamente caro, e non solo perché mi riguarda in prima persona. Ho avuto l’impressione, per la prima volta in vita mia, di aver trovato davvero quello che cercavo. A trentadue anni, per la prima volta, ho capito cosa voglio dalla mia vita. È per questo che sto cercando di portare avanti questa stessa passione nel lavoro al pari del tempo libero, o perlomeno spero mi sarà concessa la possibilità di farlo. Ho visto per un po’ la mia vita crollare, mi sono sentita smarrita e ho perso ogni speranza; ora, finalmente, la vedo rinascere e mi sento più forte e motivata che mai.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
D’ora in avanti continuerò a essere molto impegnata e probabilmente non avrò tempo per aggiornare il blog ogni settimana, ma sono tornata per restare – con i miei tempi, e spero che i miei lettori lo potranno accettare – e l’apertura di una <a href="https://www.facebook.com/bibliotecaalfemminile/">nuova pagina Facebook</a> dedicata al blog ne è la prova (seguitela, molto probabilmente sarà aggiornata più spesso del blog).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A prestissimo! Perché non potete pensare che possa fare a meno di dire anche la mia sul film del momento, vero? ;)</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-62159321850378398782017-01-27T10:53:00.000+01:002017-05-20T17:42:15.135+02:00"Diario" di Anne Frank<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-kR2M-VXsfwg/WIe4287goOI/AAAAAAAABR0/amB4gYi3dKUwxFbmUdvDwE9kQjAyH3N6ACLcB/s1600/418514.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-kR2M-VXsfwg/WIe4287goOI/AAAAAAAABR0/amB4gYi3dKUwxFbmUdvDwE9kQjAyH3N6ACLcB/s320/418514.jpg" width="195" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Ci sono libri di cui è sempre difficile parlare, e spesso sono libri che raccontano storie di cui bisogna assolutamente parlare e riparlare per far sì che non vengano mai dimenticate.</div>
<div style="text-align: justify;">
Lessi per la prima volta il diario di Anne Frank quando ero molto piccola e fu un libro molto importante per me perché in un qualche modo sentivo Anne come un'amica e la sua storia mi spinse per la prima volta a tenere un diario. Frequentavo le scuole elementari a quel tempo, quel primo diario lo conservo ancora e da allora non ho mai smesso di scrivere la mia storia e i miei pensieri. Certo, a quel tempo ero troppo giovane per comprendere a fondo il valore di questo testo e, pur avendo un'idea della gravità della situazione descritta, ero più attratta dalla quotidianità di una ragazzina come tante in cui per certi versi mi riconoscevo. Proprio per questo, a oggi, una rilettura si faceva imperativa, e per portarla a termine ho scelto appositamente questo periodo dell'anno.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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</div>
<a name='more'></a><br />
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Ogni sera le automobili militari verdi o grigie scorrazzano qua e là, i tedeschi suonano a ogni porta e domandano se lì abitano anche ebrei. Se sì, tutta la famiglia deve seguirli, se no, vanno oltre. Nessuno può sottrarsi alla sua sorte se non si nasconde. Talvolta vanno in giro con delle liste e suonano soltanto là dove sanno di poter fare una ricca preda. Spesso si paga un prezzo per il riscatto, tanto per testa. Sembra la caccia agli schiavi, come la si faceva un tempo. Ma non è affatto uno scherzo, è una cosa tragica. Di notte, al buio, quasi vedo quelle file di innocenti che, comandati da un paio di quei figuri, camminano, camminano, coi loro bimbi che piangono, battuti e martoriati, finché cadono al suolo. Nessuno è risparmiato, vecchi carichi d'anni, bimbi, donne incinte, malati, tutti camminano insieme nella marcia verso la morte.</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
È difficile oggi, per noi, riuscire a immaginare che un genocidio di tale portata abbia realmente avuto luogo nella storia dell'umanità e così vicino a noi. Il problema di libri come questo è proprio che si fatica ad accettarli come reali, perché è tutto troppo lontano da noi, dalla nostra quotidianità e dal nostro modo di pensare. E così finiamo con il leggerli come fossero un romanzo, dimenticandoci – o forse non comprendendo appieno – che quella che abbiamo tra le mani è la storia reale di persone realmente esistite e che loro stessi hanno raccontato nel momento esatto in cui la stavano vivendo, in cui stavano facendo quelle esperienze e provando quei sentimenti. L'ansia, l'orrore, la paura, ma anche i piccoli momenti di gioia, di speranza, di intimità, tutto è reale. Ma soprattutto l'orrore, e la paura, e poi ancora l'orrore, e ancora la paura, e l'orrore, e l'orrore...</div>
<div style="text-align: justify;">
Come potevano sentirsi, cosa dovevano provare persone come tante, come noi, condannate a un simile destino, a non essere considerate più nemmeno persone? È impossibile per noi immaginarlo anche leggendone le testimonianze. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-CulWEBJL1Y8/WIfF3tUshCI/AAAAAAAABSE/9t10LNS5ndk_iNYgjFMXEZq15lyrH10OwCLcB/s1600/o%2Bdiario%2Bde%2Banne.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="189" src="https://3.bp.blogspot.com/-CulWEBJL1Y8/WIfF3tUshCI/AAAAAAAABSE/9t10LNS5ndk_iNYgjFMXEZq15lyrH10OwCLcB/s320/o%2Bdiario%2Bde%2Banne.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nel suo diario, una giovanissima Anne raccoglie due anni della sua vita trascorsi quasi interamente rinchiusa all'interno di un nascondiglio segreto insieme alla sua famiglia, la famiglia Van Daan e il dottor Dussel. Dalle sue confessioni emerge il ritratto di una adolescente matura sì, perché certe situazioni ti portano inevitabilmente a crescere prima del tempo, ma in nulla diversa da tutte le altre. La testardaggine, le debolezze, i litigi e le incomprensioni con i genitori, i primi amori, una insaziabile curiosità e fame di conoscenza, sono queste le trame che si intrecciano su una quotidianità fatta di bombardamenti e serate passate a sperare in notizie positive in arrivo dalla radio inglese.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Non posso, non posso mai dimenticare il sogno della guancia di Peter, quando tutto, tutto era tanto bello! E lui, non lo desidera? Che sia tanto timido da non confessare il suo amore? Perché vuole avermi così spesso accanto a sé? Oh, perché non parla?</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma nonostante le amicizie speciali, l'impegno nello studio, gli ideali e i sogni di libertà e di un futuro roseo e felice, c'era una cosa che anche una bambina a quel tempo non poteva dimenticare: il fatto di essere ebrea, e che per il momento non aveva diritto a nulla di tutto ciò.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Dobbiamo ricordarci che siamo dei clandestini, che siamo ebrei incatenati, incatenati in un determinato posto, senza diritti ma con mille doveri. Noi ebrei non possiamo far valere i nostri sentimenti, dobbiamo esser forti e coraggiosi, dobbiamo addossarci tutte le scomodità e non mormorare, dobbiamo fare ciò che possiamo e fidare in Dio. Questa maledetta guerra dovrà pur finire, e allora saremo di nuovo uomini, e non soltanto ebrei.</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Purtroppo, Anne non riuscirà mai ad assaporare la sensazione di tornare "a essere umana". Il 4 aprile del 1944, quattro mesi esatti prima dell'irruzione della polizia nell'alloggio segreto e della deportazione di tutti i suoi occupanti, scrive nel suo diario: "<i>Voglio continuare a vivere dopo la mia morte! Perciò sono grata a Dio che mi ha fatto nascere con quest'attitudine a evolvermi e a scrivere per esprimere tutto ciò che è in me.</i>" Ed è proprio grazie a questa sua attitudine che, seppur nel dolore, è riuscita a fare avverare il suo desiderio e <b>ancora oggi Anne Frank continua a vivere come simbolo e voce del più grande orrore della storia recente</b>, per aiutarci a ricordare un terribile avvenimento che non deve mai essere dimenticato, mai essere sottovalutato, perché la storia non torni a ripetersi. Questo diario, raccolta dei più intimi pensieri di una adolescente, è diventato un documento importantissimo a testimonianza del baratro in cui può condurre la follia umana e, al contempo, dell'importanza di credere e trovare sempre il bello delle cose come unica via di salvezza dal dolore. Per questo è un testo che tutti, almeno una volta nella vita, dovremmo leggere. Per questo non dobbiamo arrenderci mai all'ignoranza e all'intolleranza, ma ricordarci che a questo mondo siamo tutti uguali, tutti umani. E dobbiamo ricordarcene sempre, non soltanto oggi.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-9663719489464635412017-01-21T11:40:00.000+01:002017-05-20T17:42:28.007+02:00"Piccole donne" di Louisa May Alcott<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-fM8uUbB-qoo/WIDtjQTpZeI/AAAAAAAABRQ/lgWuboRk06A1n3NPVMmZQEW21jICdPcdACLcB/s1600/image_book.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-fM8uUbB-qoo/WIDtjQTpZeI/AAAAAAAABRQ/lgWuboRk06A1n3NPVMmZQEW21jICdPcdACLcB/s320/image_book.jpeg" width="198" /></a></div>
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Ci sono libri che occupano un posto speciale nel cuore delle persone, non necessariamente perché sono il più bel libro mai letto, quanto piuttosto per tutta una serie di avvenimenti, esperienze e ricordi che li legano ad esse in modo indissolubile. Sono libri che in qualche modo hanno rappresentato un punto di svolta nella nostra vita, che hanno saputo toccare corde emozionali particolarmente delicate al momento opportuno, che hanno aperto la nostra mente a una nuova prospettiva. Il tempo passa, le persone cambiano, i gusti cambiano, nuove esperienze e nuove sensazioni si accumulano, eppure quei libri continuano a occupare un posto particolare nel nostro cuore che è riservato solo a loro. Perché non sono più solo storie, o personaggi, o avventure, ma diventano a tutti gli effetti una parte di noi, un elemento imprescindibile della nostra persona. Quel libro per me è <i>Piccole donne</i>, e a distanza di almeno vent'anni ho scelto di tornare tra le sue pagine.<br />
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<a name='more'></a><br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>– Natale non sarà Natale senza regali, – brontolò Jo, stesa sul tappeto.<br />– Brutto guaio essere poveri, – commentò con un sospiro Meg facendo scivolare lo sguardo sul suo vecchio vestito.<br />– È un'ingiustizia, dico io, che tante ragazze abbiano un sacco di belle cose e altre niente, – aggiunse la piccola Amy, tirando su col naso per il dispetto.<br />– Abbiamo il papà e la mamma, però, e ciascuna di noi ha tre sorelle, – disse Beth dal suo angolino con aria soddisfatta.<br />Le sagge parole della ragazzina rischiararono i quattro giovani visetti su cui guizzava a tratti il riverbero del fuoco acceso nel caminetto, ma subito le espressioni tornarono a incupirsi quando Jo riattaccò in tono amaro: – Veramente il papà non ce l'abbiamo, al momento. E non lo avremo per molto tempo ancora.<br />Non disse «forse mai più», ma quel pensiero passò lo stesso nella mente di ognuna di loro perché il papà era lontano e sui campi di battaglia.</i></blockquote>
<br />
<i>Piccole donne</i> narra la storia della famiglia March in una America scossa dalla guerra di Secessione. Al centro della vicenda le quattro sorelle Jo, Meg, Beth e Amy che tra sorrisi e lacrime, sogni e difficoltà, si fanno strada nel duro e complicato gioco della vita cercando di tirare avanti insieme alla madre mentre il padre si trova al fronte e sommando alle incombenze di ogni giorno le loro personali esperienze che le porteranno a maturare e a intensificare il loro rapporto reciproco. L'intera serie si compone di quattro titoli: <i>Piccole donne</i>, <i>Piccole donne crescono</i>, <i>Piccoli uomini</i> e <i>I ragazzi di Jo</i>. Questo primo capitolo copre un intero anno della vita delle sorelle March che porterà il lettore a vederle crescere tra errori, incomprensioni e piccoli litigi, nonché a fare la conoscenza dei vicini di casa – il Signor Laurence e suo nipote Laurie – che diventeranno figure fondamentali nella vita delle quattro giovani donne.<br />
<br />
Ritrovarsi da adulti a rileggere le nostre letture preferite di quando eravamo ragazzi, come notavo in <a href="https://bibliotecaalfemminile.blogspot.it/2016/10/la-piccola-principessa-di-frances.html">un post precedente</a>, può rivelarsi un'esperienza decisamente complicata, divisa tra l'emozione di tornare per un attimo bambini e la delusione di saper giudicare con occhio critico i difetti di quei libri che ci avevano tanto fatto sognare. E così è impossibile non notare l'intento educativo ed eccessivamente moralistico che accompagna quest'opera: l'enfasi posta sulla preghiera, sul matrimonio e la famiglia, sul bisogno di stare sempre unite, sulla necessità di condividere ogni cosa all'interno del nucleo familiare mettendo da parte le tentazioni e i propri capricci personali, seppur tendenzialmente condivisibile, è a tratti così spinta da risultare – forse più per il lettore contemporaneo che per il lettore adulto in sé – pesante se non addirittura ridicola e insopportabile.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-1YW-gmDc1oI/WIDy-Hx3diI/AAAAAAAABRg/sR5wvptCjfcCbZ3kVBufZdQ9gSR0QHP8ACLcB/s1600/piccoledonne-981x540.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="176" src="https://3.bp.blogspot.com/-1YW-gmDc1oI/WIDy-Hx3diI/AAAAAAAABRg/sR5wvptCjfcCbZ3kVBufZdQ9gSR0QHP8ACLcB/s320/piccoledonne-981x540.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una scena dal film <i>Piccole donne</i> del 1994.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ma anche in questo incessante susseguirsi di prediche e insegnamenti, la Alcott trova il modo di introdurre elementi di innovazione e di sovvertire un ordine morale precostituito che caratterizzava la società di epoca vittoriana che ne vide i natali e in cui la stessa autrice non sembrava molto riconoscersi. Il desiderio di realizzazione personale delle quattro sorelle, Jo e Meg che scelgono di interrompere gli studi e iniziare a lavorare per contribuire al sostentamento della famiglia, Jo che decide di rinunciare alla sua folta e bellissima chioma per raccattare un po' di denaro da inviare al padre, sono tutti elementi che rappresentano in qualche modo una forma di ribellione a un sistema che voleva la donna come parte debole e incatenata alla vita domestica. Lo stesso personaggio di Jo, in cui l'autrice – secondogenita di quattro figlie e da sempre aspirante scrittrice – ha chiaramente messo molto di sé e del suo spirito femminista e indipendente, costituisce in sé una sovversione.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
<i>– Ma quale signorina! Se per il solo fatto di portare i capelli raccolti sulla testa non sono più libera di farmi gli affari miei, li sciolgo subito e vado in giro con le trecce fino a quando avrò vent'anni! – esclamò Jo strappandosi la reticella e liberando una massa di capelli castani. – Non mi va per niente giù l'idea di dover crescere e diventare Miss March, di dover portare vestiti lunghi e starmene rigida come un astro in fiore! È già una bella scocciatura essere donna, quando mi piace tutto quello che è riservato agli uomini, giochi, mestieri, modo di vivere e soprattutto la libertà di fare tutto quel che si vuole. Soprattutto adesso che potrei essere al fronte con papà, e invece eccomi qua a fare la calza come una vecchietta.</i></blockquote>
<br />
Questo passaggio racchiude in sé tutta l'essenza del personaggio di Jo March e una netta opposizione a un sistema di valori che, da una parte, categorizza le donne secondo un modello standard cui non è permesso loro di distaccarsi, privandole così della più ampia libertà d'azione che è invece riservata all'indipendente controparte maschile, e, dall'altra, non riconosce appieno l'individualità dei singoli individui, uomini o donne che siano, e i loro desideri primari. In questo, la figura di Jo – sognatrice, indipendente e maschiaccio – si presenta non solo come un elemento di innovazione nel filone dei romanzi familiari del tempo, ma anche come la concretizzazione di un sentimento che senza dubbio molte lettrici contemporanee della Alcott avrebbero fatto proprio. Non è un caso, del resto, che proprio il suo fra quelli delle quattro sorelle è il personaggio che emerge con maggiore intensità dalla narrazione, tanto da diventare protagonista indiscusso dei successivi capitoli.<br />
<br />
E dopotutto, chi non si è mai riconosciuta in lei? Chi non ha mai ritrovato un po' di sé in quell'eroina maldestra, idealista e dal cuore d'oro? Da piccola sognavo di essere Jo March e fantasticavo di vivere un po' la sua vita. Certo, mai mi sarei sognata di chiudermi a leggere in soffitta con dei topi, ma l'amore per la lettura, l'amore per la scrittura, fu Jo a trasmettermeli. Ancora oggi non posso dimenticare le serate distesa sul letto a leggere o i pomeriggi passati a scrivere storie con la mia macchina da scrivere nuova fiammante – ah, quei tempi lontani in cui la gente non aveva un pc! –, uno dei regali più belli che abbia mai ricevuto. Le mie passioni sono cambiate negli anni, ho deviato, preso un'altra strada, ma alla fine quasi involontariamente sono tornata al punto di partenza, alla lettura e alla scrittura, e di questo ancora oggi sono immensamente grata a Louisa May Alcott e alla sua insostituibile eroina.<br />
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-44278989753551384362017-01-16T12:55:00.000+01:002017-05-20T17:42:42.675+02:00"Harry Potter e la pietra filosofale" di J.K.Rowling<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutti, lettori del blog! Mi scuso terribilmente per l'assenza prolungata dal web ma purtroppo per me l'anno si è chiuso e riaperto all'insegna di una fortissima influenza e di alcuni problemi in famiglia. Non è stato un bel periodo e ha mandato a monte tutti i miei programmi di incontri, viaggi e letture, ma finalmente sono riuscita a riprendermi quello che mi spettava e sono pronta a tornare più carica che mai!</div>
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Il periodo natalizio per me è sempre stato il periodo dei film Disney, le fiabe e le letture per ragazzi e ho cercato di fare in modo che lo fosse il più possibile anche quest'anno dedicandomi a una serie di riletture che in realtà avrei voluto concludere prima ma che cause di forza maggiore mi hanno "costretta" a portare con me nel 2017. Tra queste, vi è senza dubbio la rilettura della saga di <i>Harry Potter</i> che sto portando avanti con l'amore di sempre e un pizzico di nostalgia tra una nuova lettura e l'altra. Ammetto di essermi interrogata a lungo se valesse davvero la pena scrivere di questa saga che ormai non è più un'incognita per nessuno, se non fosse magari il caso di lasciar perdere e limitarmi a recensioni di nuove letture, ma alla fine ho deciso che una storia che ha fatto sognare così tante persone per così tanti anni merita sempre di far parlare di sé e, soprattutto, che io sento il bisogno di esprimere i miei sentimenti e le mie riflessioni su questa storia e di condividerli con altri appassionati. E a questo proposito, vorrei ringraziare anche Cristina del blog <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it/">Athenae Noctua</a> per <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it/2016/12/harry-potter-e-la-pietra-filosofale.html">la sua tenerissima recensione</a> che mi ha spinta a fare il passo decisivo.</div>
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-8fHJJ27m8yI/WHe_yKQjDFI/AAAAAAAABQk/f_5kGc5pK-Md4_bdfG48sYWg5Qhn_2OCwCLcB/s1600/Harry_Potter_and_the_Philosopher%2527s_Stone_Book_Cover.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-8fHJJ27m8yI/WHe_yKQjDFI/AAAAAAAABQk/f_5kGc5pK-Md4_bdfG48sYWg5Qhn_2OCwCLcB/s320/Harry_Potter_and_the_Philosopher%2527s_Stone_Book_Cover.jpg" width="204" /></a></div>
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<a name='more'></a><br />
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La mia storia con la saga di Harry Potter ebbe in realtà inizio un po' avanti negli anni, ero già all'ultimo anno delle superiori, e devo ammettere che se non fossi stata convinta da alcune conoscenti che sembravano adorare l'intera serie, mai avrei pensato di mettermi a leggere un libro che aveva tutta l'aria di essere una semplice storiella di maghetti per bambini. Ricordo ancora come fosse ieri le difficoltà, in un paese privo di librerie, nel mettere le mani sul prezioso tomo, e più l'attesa aumentava più anche la bramosia si faceva sentire, alimentata nel frattempo dalla visione dei primi due film della serie. Sono felice, quella volta, di aver dato ascolto alle mie amiche perché con la lettura di <i>Harry Potter e la pietra filosofale</i> mi trovai immediatamente catapultata in un mondo totalmente nuovo e affascinante che riuscì a tenermi incollata alle sue pagine fino alla fine, e da lì ebbe inizio una lunga storia d'amore che dura e continua a farmi emozionare ancora oggi.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-GlCgEnE91uY/WHkNaxyhSKI/AAAAAAAABQ0/vAHOAX5bWVAp92DWfc3svaFRC5R8dzvzwCEw/s1600/1111705_1346584588580_full.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="229" src="https://4.bp.blogspot.com/-GlCgEnE91uY/WHkNaxyhSKI/AAAAAAAABQ0/vAHOAX5bWVAp92DWfc3svaFRC5R8dzvzwCEw/s320/1111705_1346584588580_full.jpg" width="320" /></a></div>
<br /></div>
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<blockquote class="tr_bq">
<i>A breeze ruffled the neat hedges of Privet Drive, which lay silent and tidy under the inky sky, the very last place you would expect astonishing things to happen. Harry Potter rolled over inside his blankets without waking up. One small hand closed on the letter beside him and he slept on, not knowing he was special, not knowing he was famous, not knowing he would be woken in a few hours' time by Mrs Dursley's scream as she opened the front door to put out the milk bottles, nor that he would spend the next few weeks being prodded and pinched by his cousin Dudley... He couldn't know that at this very moment, people meeting in secret all over the country were holding up their glasses and saying in hushed voices: "To Harry Potter – the boy who lived!"</i></blockquote>
(Mi scuso ma ho solo la versione inglese dei libri per cui le citazioni saranno tutte in inglese) </div>
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<div style="text-align: justify;">
Con il primo volume della saga facciamo la conoscenza del piccolo Harry Potter, un ragazzino dai capelli arruffati e una curiosa cicatrice sulla fronte, costretto a vivere nel sottoscala degli zii in seguito alla morte dei suoi genitori. Ma è in occasione del suo undicesimo compleanno che Harry scopre di essere diverso (o per lo meno, molto più di quanto credesse) dalla famiglia "assolutamente normale" con cui ha sempre vissuto: Harry è un mago, e da questo momento la sua vita cambierà completamente portandolo a scoprire un passato oscuro che l'ha reso inevitabilmente famoso in tutto il mondo magico, ma rivelandogli anche le meraviglie di una realtà finora sconosciuta. Sul treno per Hogwarts, in partenza dall'ormai famoso binario 9 3/4 della stazione di King's Cross, Harry si prepara al suo primo anno da maghetto, ad essere smistato in una delle quattro case in cui verranno divisi gli studenti e a fare nuove conoscenze. Ma qualcosa di molto pericoloso è nascosto tra le mura del castello e ben presto Harry e i suoi amici si ritroveranno invischiati in una vicenda più grande di loro.</div>
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-rf2WHdTNW20/WHkNpxd43YI/AAAAAAAABRA/z9TryY2UfCIA8qSCYXcqsMgFP2CjKAzmgCLcB/s1600/DI-Harry-Potter-And-The-Philosophers-Stone-20.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="179" src="https://3.bp.blogspot.com/-rf2WHdTNW20/WHkNpxd43YI/AAAAAAAABRA/z9TryY2UfCIA8qSCYXcqsMgFP2CjKAzmgCLcB/s320/DI-Harry-Potter-And-The-Philosophers-Stone-20.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
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Ho sempre pensato che <i>Harry Potter</i> fosse speciale e non solo per il valore affettivo che questa saga ha ormai assunto per me, ma perché addentrandosi in un ambito narrativo solitamente popolato perlopiù da autori maschili, la Rowling ha a mio parere saputo prendere tutti gli elementi che caratterizzano il genere fantasy e la magia e donare loro nuova vita. Certo, stiamo parlando di una saga per ragazzi e il primo libro, in particolare, è senza alcun dubbio un libro per bambini, eppure, nel suo piccolo, è diverso da tutti gli altri. Ma cosa rende questa serie così speciale? Più volte mi sono interrogata su questo punto, e queste sono alcune delle risposte che sono riuscita a darmi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Innanzitutto, il protagonista. Ben lontano, per quanto mi riguarda, dall'essere uno dei migliori personaggi della serie, Harry rimane comunque un personaggio di facile immedesimazione. Non è particolarmente grazioso né intelligente, è uno studente mediocre, un'infinita fonte di guai, e non spicca certo per talento tra i suoi compagni, fatta eccezione per il Quidditch di cui si rivela essere un ottimo giocatore. Ma nonostante tutto ciò, è pur sempre un mago; coraggioso sì, ma anche inesperto, più fortunato che geniale, ma pur sempre un mago. Ed è questo il punto: <b>Harry è tutto ciò che potremmo essere e, al contempo, tutto ciò che vorremmo essere</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Altro fattore a mio avviso fondamentale è che con la sua saga l’autrice non crea un mondo parallelo a quello reale che sta in qualche luogo sconosciuto e apparentemente irraggiungibile, inventa invece un mondo “altro”, completamente diverso da quello in cui viviamo, che però si interseca perfettamente con esso. I maghi vivono al fianco dei babbani, i loro autobus corrono per Londra sfilando tra le normali automobili, le loro case e i loro negozi si nascondono tra le case degli uomini comuni. Non ci si teletrasporta per andare a Hogwarts, non si passa attraverso un armadio magico, ma si prende un treno, un treno che parte da una normalissima stazione nel centro di Londra, da un binario cui solo i maghi possono accedere. Maghi e babbani, in breve, non sono mai separati gli uni dagli altri ma convivono come facciamo noi con i nostri simili. E questo sembra suggerire il messaggio che <b>i sogni e la magia sono sempre accanto a noi, il segreto non sta nell’andarli a cercare altrove ma nell'imparare a vederli con i nostri occhi</b>.</div>
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<br /></div>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-ifuNR1z4XRs/WHkNcePqXfI/AAAAAAAABQ4/p_A41In5oJUx_PB-udYebUrBjt21g6ggQCEw/s1600/retyfjkf.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="201" src="https://2.bp.blogspot.com/-ifuNR1z4XRs/WHkNcePqXfI/AAAAAAAABQ4/p_A41In5oJUx_PB-udYebUrBjt21g6ggQCEw/s320/retyfjkf.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
Interessante, infine, è anche come la Rowling proponga un confronto tra persone provenienti da mondi diversi senza additare lo strano, l’insolito, ma considerando ogni cosa normale a modo suo e nel mondo cui appartiene. La cosa risalta soprattutto in una scena che vede Ron stupirsi che le foto dei babbani non si muovano. “Che strano!” è il suo commento. E la cosa sorprendente e fondamentale è che non è Harry, proveniente dal nostro mondo, a trovare strano che le figure nelle foto si muovano, ma è Ron a considerare strano quello che noi abbiamo sempre dato per scontato. Ed è così che la Rowling ci invita a interrogarci sul diverso e a mettere in dubbio la nostra stessa "normalità". Questa scena racchiude infatti un bellissimo messaggio sempre attuale e cioè che <b>non è il fatto di essere abituati a una cosa a renderla giusta e normale e rendere strana quella che non conosciamo: esistono punti di vista ed esperienze differenti, e tutti siamo ugualmente normali – e ugualmente strani – in base alla prospettiva attraverso la quale veniamo osservati</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
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<div style="text-align: justify;">
Un'avventura, un sogno, una storia di tutti i giorni, un insegnamento. Ma soprattutto, un posto a cui fare ritorno in qualunque momento se ne senta il bisogno perché, come disse la Rowling, "Hogwarts sarà sempre lì ad accoglierci". Tutto questo è Harry Potter, ed è questo che ne farà un classico imprescindibile della letteratura per ragazzi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>It does not do to dwell on dreams and forget to live.</i></blockquote>
</div>
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</style>Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-272427952305493802016-12-23T12:20:00.000+01:002016-12-23T12:20:02.228+01:00Tanti auguri di buone feste<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-e81DH6xfRO4/WFwifkZ6nBI/AAAAAAAABQQ/TmyZNvgGqFE63MewT0XVA70iDYqq2TV7wCLcB/s1600/Foto%2B22-12-16%252C%2B17%2B03%2B11.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-e81DH6xfRO4/WFwifkZ6nBI/AAAAAAAABQQ/TmyZNvgGqFE63MewT0XVA70iDYqq2TV7wCLcB/s320/Foto%2B22-12-16%252C%2B17%2B03%2B11.jpg" width="240" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutti!</div>
<div style="text-align: justify;">
Come procedono i preparativi per il Natale?</div>
<div style="text-align: justify;">
Questo post vuole essere prima di tutto un post di scuse. Sì, perché speravo di scrivere un'ultima recensione prima di Natale ma una serie di scadenze di lavoro mi sono piombate addosso una dopo l'altra e ora so per certo che non riuscirò a prepararla.</div>
<div style="text-align: justify;">
Questo, quindi, sarà il mio ultimo post prima della fine dell'anno. Questo 2016 per me è stato un anno di svolte, in molti sensi e con i loro alti e bassi, ma pur sempre di cambiamenti importanti. Uno di questi è stata la nascita di questo blog e la mia risoluzione, per una volta nella vita, a mantenere un impegno e portare avanti un progetto cui tengo davvero moltissimo. Voglio ringraziare tutte e tutti voi che avete conosciuto, letto e commentato il mio blog in questi mesi. So di essere ancora inesperta e di avere ancora molte cose da imparare, ma so anche che farò del mio meglio per far crescere questo piccolo spazio virtuale e che il vostro contributo è stato e sempre sarà fondamentale in questa mia scelta.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ho molti post e recensioni in programma per il nuovo anno e ad alcuni sto già iniziando a lavorare, quindi non dimenticatevi di me, mi raccomando! </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nel frattempo, <b>vi auguro un felice Natale e un meraviglioso anno nuovo</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Grazie per esserci stati almeno un po' :) E che Babbo Natale vi porti tanti regali libreschi ;)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A rileggerci nel 2017!</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-82956567595974847292016-12-17T12:23:00.000+01:002017-05-20T17:42:55.246+02:00"The Red Queen" di Philippa Gregory<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-4BKep4AIGYs/WFMK6IPVLZI/AAAAAAAABPo/px8bpujBDcUXogwgCt60gAAgmpcJSULYwCLcB/s1600/9161907.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-4BKep4AIGYs/WFMK6IPVLZI/AAAAAAAABPo/px8bpujBDcUXogwgCt60gAAgmpcJSULYwCLcB/s320/9161907.jpg" width="208" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Da un po' di tempo non mi dedico alla fiction storica e anche questa in effetti è una lettura di un po' di tempo fa che da molto aspettavo di recensire. E visto che prossimamente pensavo di riprendere in mano la serie ho pensato che fosse giunto il momento di parlare anche di questo libro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>The Red Queen</i> è il secondo libro della serie <i>The Cousins' War </i>di Philippa Gregory, dedicata alle donne della <b>Guerra delle due rose</b>, combattuta tra York e Lancaster nell'Inghilterra del XV secolo. Se <a href="https://bibliotecaalfemminile.blogspot.it/search/label/the%20white%20queen">il primo libro</a> vedeva come protagonista Elizabeth Woodville, è naturale conseguenza che il secondo voglia la sua nemica e rivale <b>Margaret Beaufort</b>, madre del futuro re Enrico VII. La storia è la stessa raccontata nel precedente: la sconfitta dei Lancaster da parte degli York e i continui intrighi politici a seguire fino alla grande battaglia che culmina nella vittoria di Enrico VII e nel suo matrimonio con Elizabeth, figlia della Regina bianca e del Re Edoardo IV di York. A cambiare è però il punto di vista attraverso il quale tutto è raccontato, dando l'impressione di trovarsi a leggere una storia completamente nuova solo lontanamente connessa a quella raccontataci attraverso gli occhi di Elizabeth Woodville.<br />
<br />
<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-WC0xiFnPIts/WFMVgxnc1mI/AAAAAAAABP8/5hc3V2fxfA4Fb4W3nDiFwOBXv7MJz6DZwCLcB/s1600/margaret-beaufort.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-WC0xiFnPIts/WFMVgxnc1mI/AAAAAAAABP8/5hc3V2fxfA4Fb4W3nDiFwOBXv7MJz6DZwCLcB/s320/margaret-beaufort.jpg" width="255" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un ritratto di Margaret Beaufort. </td></tr>
</tbody></table>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i><br />I am wife to a man of no ambition, who will not ride out to war until he is forced to go. I am mother to a son in my enemy's keeping, and I am the distant love of a defeated man in exile. I spend my days – which get shorter all the time as the evenings draw in on this most miserable year – on my knees, and I pray to God to let this dark night pass, to let this cold winter pass, and to throw down the House of York and let the House of Lancaster come home.</i></blockquote>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Una giovane Margaret Beaufort è costretta, contro la sua volontà, a rinunciare al suo profondo desiderio di prendere i voti per sposare Edmund Tudor. Il matrimonio non durerà molto a causa della morte del consorte ma basterà a lasciarla con quella che diventerà la sua unica ragione di vita: suo figlio. Da questo momento in poi tutta la vita di Margaret inizierà a ruotare – alimentata dalla sua fede incrollabile, –attorno al figlio, destinato a diventare il Re Enrico VII d'Inghilterra. Preghiere, intrighi e complotti si susseguono senza soluzione di causa, portando Enrico per molti anni lontano dalla madre che non smetterà mai di credere in un suo ritorno e di lottare per vederlo finalmente un giorno sul trono d'Inghilterra.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Devo ammettere con grande rammarico che questo secondo volume è stato per me una delusione: dopo aver amato alla follia <i>The White Queen </i>mi aspettavo di rimanere altrettanto colpita da questo, ma purtroppo non si è rivelato all'altezza. La colpa in realtà non è né dell'autrice né della storia in sé: lo stile della Gregory è impeccabile, la narrazione avvincente e tutto sommato è un libro davvero ben realizzato. Quello che non va è proprio la protagonista. Non critico l'autrice per la scelta della sua nuova eroina, essenziale per offrire una ricostruzione oggettiva della vicenda attraverso due punti di vista opposti, e da lei ritratta in modo magistrale; ma Margaret Beaufort è veramente una figura poco interessante e a tratti perfino detestabile – ovviamente da un mio personale punto di vista, in quanto mi è capitato anche di leggere recensioni di persone che l'hanno adorata e hanno provato una forte empatia nei suoi confronti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-sKHyXBAwx_g/WFMVhMyYntI/AAAAAAAABQI/KBnFgAJkSJ0NnW2jGr3DegzrcgbpujbEwCEw/s1600/Margaret-Beaufort-the-white-queen-bbc-35215052-1600-1066%2B%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="https://4.bp.blogspot.com/-sKHyXBAwx_g/WFMVhMyYntI/AAAAAAAABQI/KBnFgAJkSJ0NnW2jGr3DegzrcgbpujbEwCEw/s320/Margaret-Beaufort-the-white-queen-bbc-35215052-1600-1066%2B%25281%2529.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Margaret Beaufort interpretata da Amanda Hale nella serie tv <i>The White Queen</i>.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Quello che non ho apprezzato di Margaret è che l'ho trovata un personaggio assillante e ossessivo. Completamente accecata dal suo desiderio di fare di suo figlio il Re d'Inghilterra e incapace di guardare oltre o anche solo di guardarsi attorno, quello che secondo il mio parere traspare di lei non è nemmeno più ambizione ma puro e spietato egoismo che la spinge a vedere solo se stessa e a sacrificare tutto e tutti in nome dei suoi sogni di gloria. Capisco che per una nobildonna dell'epoca l'arrivismo potesse a volte dimostrarsi uno strumento indispensabile a garantire a se stessa una vita sicura e dignitosa – e d'altronde sono una grandissima appassionata di Anna Bolena, quindi lungi da me accusare una donna dell'epoca per un simile comportamento – ma Margaret non usa l'intelligenza e la furbizia per raggiungere i suoi scopi, bensì il tormento indotto in chi la circonda e una sorta di esacerbante vittimismo.<br />
Un altro elemento per me disturbante del personaggio è la sua profonda e incessante devozione cattolica, spinta a tal punto da diventare esasperante. Il suo continuo sentirsi una sorta di prescelta da Dio, una martire, la nuova Giovanna d'Arco destinata a grandi imprese, ne fanno a mio avviso soltanto una figura patetica. Verrebbe quasi da considerarla priva di una volontà propria tanta è la sua convinzione di non fare altro che mettere in pratica la parola del suo Dio. "Tu, cosa vuoi?" le chiede in una scena il marito, e la sua risposta: "La mia volontà è la volontà di Dio" è quanto di peggio potesse uscire dalle sue labbra, la consacrazione a personaggio freddo, menefreghista e incapace di scendere dal suo piedistallo e posare i piedi per terra. Perché il problema di Margaret è proprio questo: non dubita mai, nemmeno per un momento, non si ferma mai a pensare, non si fa mai delle domande, dà solo tutto sempre troppo per scontato.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<blockquote class="tr_bq">
<i>And that is why I have always told you that your future lies in your son. A husband can come and go, he can leave on his own account. He can go to war or get sick or kill himself; but if you make your son your own, your own creation, then you are safe. A boy is your guardian. If you had been a boy I would have poured my life into you. You would have been my destiny.</i></blockquote>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Con queste parole la madre di Margaret le da un consiglio che la figlia prenderà in parola senza la minima esitazione. Diventa così chiaro che per lei suo figlio non è più solo un figlio, la sua unica famiglia, ma diventa il simbolo stesso del suo desiderio di successo. Tutto quello che fa, tutto l'amore che rivolge a suo figlio è amore soprattutto per se stessa. La paura di vederlo allontanarsi da lei, il terrore che la dimentichi nei lunghi anni di lontananza, è paura di non arrivare mai al successo cui si sente destinata. Nell'ipotetica incoronazione di suo figlio è evidente che non vede altro se non la possibilità di poter finalmente utilizzare la firma "Margaret Regina".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
In tutto questo, il ritratto che ne traccia l'autrice è impeccabile e tra i suoi eccessivi difetti si delinea anche la figura di una donna che fin da piccola è stata costretta a rinunciare ai suoi sogni, a seguire la volontà altrui andando contro la propria, ad andare in sposa a due uomini molto più vecchi di lei che disprezzava, a vedersi messa in secondo piano – quasi a sentirsi augurare la morte per parto qualora fossero sorte complicazioni, perché era più importante salvare la vita di un bambino che sarebbe potuto diventare re piuttosto che la sua – da una madre che amava il potere e la sua reputazione più della sua stessa figlia. Margaret era una donna forte, mossa da un'inesauribile forza di volontà, che non ha mai smesso di lottare per ciò in cui credeva, e questo l'ha portata infine a ottenerlo. Nondimeno, la sua figura mi è stata fin da subito troppo ostile e non sono riuscita ad avvicinarmi a lei.<br />
Niente da contestare invece nella storia e nella narrazione della Gregory che ho trovato come sempre strepitose ma che purtroppo non sono riuscita ad apprezzare a sufficienza a causa della protagonista. <i>The Red Queen</i> rimane comunque un buonissimo libro, probabilmente non il migliore della serie ma di certo indispensabile a completarla; e per quanto non sia riuscita a simpatizzare con la protagonista, ho profondamente apprezzato la scelta dell'autrice di non prendere una posizione ma di presentare la prospettiva di entrambe le rivali lasciando poi al lettore il potere di decidere.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-QRfnkgHjfjc/WFMVgiPuokI/AAAAAAAABQI/BjZrpEAlym8iV3TnKB7SVJL2N7Cg7Hk1gCPcB/s1600/51sZhj5fZWL.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-QRfnkgHjfjc/WFMVgiPuokI/AAAAAAAABQI/BjZrpEAlym8iV3TnKB7SVJL2N7Cg7Hk1gCPcB/s320/51sZhj5fZWL.jpg" width="209" /></a></div>
<br />
Per chi fosse interessato, come per il precedente anche <i>The Red Queen</i> è stato tradotto in italiano e lo trovate nelle librerie con il titolo <i>La regina della Rosa Rossa</i>.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-51748020901857529692016-12-10T10:49:00.000+01:002017-05-20T17:39:27.994+02:00La letteratura femminile fiorisce in Giappone<div style="text-align: justify;">
Il primo post della nuova rubrica <i>Storie al femminile</i> è dedicato a un tema che mi sta molto a cuore e che è stato anche l’argomento di fondo della mia tesi di laurea. È stato davvero difficile per me scrivere questo articolo, non tanto per l’estrema complessità dell’argomento in sé, ma perché è una parte della storia e letteratura giapponesi che amo così tanto da rischiare di diventare eccessivamente prolissa. Ad ogni modo, questo post mi servirà anche per introdurre una recensione che intendo postare prossimamente, quindi spero di suscitare almeno un pochino il vostro interesse. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando si parla di epoca d’oro della letteratura femminile molti penseranno a nomi quali Jane Austen o le sorelle Brontë, le grandissime autrici inglesi che scrissero i loro capolavori tra il XVIII e il XIX secolo, spesso nascondendosi inizialmente dietro nomi maschili per meglio aprirsi la strada verso la pubblicazione, che per le donne non era ancora così semplice né scontata. Pochissimi però sapranno che già tra il IX e l’XI secolo il Giappone visse un periodo di immenso splendore artistico di cui proprio le donne furono protagoniste indiscusse. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-3yo2lpJCD70/WErwhHsgWuI/AAAAAAAABO0/HU_7SNYWlOoaRLUcj_aX4cwPdRQzNjzSACLcB/s1600/7744778_f520.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-3yo2lpJCD70/WErwhHsgWuI/AAAAAAAABO0/HU_7SNYWlOoaRLUcj_aX4cwPdRQzNjzSACLcB/s320/7744778_f520.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
<a name='more'></a><br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il <b>periodo Heian</b> (794-1185), che deve il suo nome alla vecchia capitale Heian (oggi conosciuta come Kyoto), fu una lunga epoca di pace e armonia caratterizzata da uno sviluppo culturale senza precedenti che ne fece uno dei periodi storici più ricchi e culturalmente sviluppati al mondo. Questo periodo vide infatti il fiorire di una civiltà colta e sofisticata, animata da un profondo spirito estetico e dedita principalmente al raffinamento delle arti e al culto della bellezza. Ovviamente stiamo parlando unicamente della nobiltà: nulla è mai giunto fino a noi in merito alla gente comune, ma quel che è certo è che la classe dirigente fece dell’arte non solo una passione ma un vero e proprio stile di vita, tanto che all'epoca il talento artistico non era da considerarsi un semplice valore aggiunto ma un requisito fondamentale in ogni individuo e chiunque ne mancasse veniva duramente criticato dalla società. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-g5PkVYLrkkw/WErwlbNy39I/AAAAAAAABPM/3s7ZUJdxUeI_s8eoNMFeSeBoDJIoqNIgQCPcB/s1600/pagine-zen-izumi-shikibu-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-g5PkVYLrkkw/WErwlbNy39I/AAAAAAAABPM/3s7ZUJdxUeI_s8eoNMFeSeBoDJIoqNIgQCPcB/s320/pagine-zen-izumi-shikibu-01.jpg" width="304" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La poetessa Izumi Shikibu, famosa per le sue numerose<br />
avventure amorose.</td></tr>
</tbody></table>
Anche le <b>donne</b>, in periodo Heian, vivevano una condizione molto diversa da quella delle loro contemporanee d’Occidente e che sarebbe purtroppo venuta meno nelle epoche a seguire: non solo potevano godere di una vasta educazione artistica che andava dalla musica alla pittura, dalla composizione di profumi alla poesia (quest’ultima particolarmente importante poiché, in epoca Heian, la poesia costituiva un vero e proprio strumento di comunicazione), ma erano anche tutelate contro la violenza fisica e potevano addirittura ereditare beni e proprietà, in quanto la successione residenziale seguiva una linea matrilineare. Non era però tutto rose e fiori come potrebbe sembrare. Quella giapponese era infatti una società di forte stampo patriarcale dove non solo vigeva un sistema matrimoniale poligamico (ovviamente al solo beneficio maschile), ma la vita era anche regolata dai pensieri confuciani e buddhisti che vedevano la donna come inferiore all’uomo (tutto il mondo è paese) e costretta a obbedire prima al padre, poi al marito e infine ai figli maschi. In breve, una donna dell’epoca, per condurre una vita dignitosa, poteva contare solo sulla presenza di un padre o un marito disposti a fornirle ogni sorta di sostegno e protezione; viene da sé che, in mancanza di tali circostanze, anche donne di altissimo lignaggio erano condannate a finire i loro giorni in solitudine e completamente abbandonate dalla società. A peggiorare la situazione vi era il fatto che le donne conducevano una vita estremamente sedentaria, sempre chiuse nelle loro case senza potersi mostrare in pubblico e costrette a vivere nascoste dietro tende, cortine e paraventi. Tutto ciò contribuiva a condannare queste donne a una vita di precarietà e incertezze che spesso rischiava di sfociare addirittura nella pazzia. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Inoltre, nonostante le donne avessero ampio accesso alla cultura, vi era un campo che era loro tassativamente precluso: lo studio della lingua e della scrittura cinesi. Il cinese era considerato la lingua della cultura per eccellenza, in opposizione al giapponese che, in quanto lingua della quotidianità, non era degno di altrettanta attenzione né meritevole di un proprio sistema di scrittura. Ma fu proprio qui che le donne dell'epoca trovarono un strumento fondamentale verso la definitiva consacrazione nell'affascinante olimpo letterario nipponico. L’introduzione di un nuovo alfabeto fonetico adatto a trascrivere la lingua autoctona permise infatti alle donne di iniziare finalmente a mettere per iscritto i loro pensieri, facendo propria questa scrittura che, proprio per questa ragione, finì con l’essere identificata con il nome <b>onnade</b> (letteralmente: “la mano femminile”).<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-MW-3WyM41Ow/WEsDSbv6DlI/AAAAAAAABPU/XZW43ITlobs8PNvRruiDD2NOcjB-57EsgCLcB/s1600/20071123124430.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="164" src="https://4.bp.blogspot.com/-MW-3WyM41Ow/WEsDSbv6DlI/AAAAAAAABPU/XZW43ITlobs8PNvRruiDD2NOcjB-57EsgCLcB/s320/20071123124430.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un esempio di come si presentava la scrittura in<br />
giapponese adottata dalle donne dell'epoca.</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="text-align: justify;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
Le donne Heian trovarono così nello scrivere un modo silenzioso e relativamente innocuo di dar voce al proprio disagio e ai propri più profondi tormenti interiori, che le regole della società imponevano loro di tener chiusi dentro di sé. Da qui prese il via una raffinata corrente letteraria forte dell’amore per la poesia e la bellezza che caratterizzava l’epoca che ne vide la luce, ma identificata anche da un forte pathos e da una miriade di sentimenti che riflettevano i moti più reconditi dell’animo delle loro autrici. Le scrittrici Heian produssero una grande quantità di opere – di cui solo pochissime sono purtroppo giunte fino a noi – fatta soprattutto di diari e raccolte di poesie, che traeva ispirazione dal loro vissuto quotidiano e, in particolare, dalle loro sofferenze inespresse. È così che la maggioranza dei temi su cui vertevano queste opere erano proprio l’incertezza del matrimonio, l’inaffidabilità dell’uomo e la continua sofferenza e attesa della donna, costantemente afflitta dalla paura di perderlo. Non è rimasta traccia, purtroppo, di storie di fantasia scritte da donne se non per una, il <i>Genji monogatari</i> (Storia di Genji), ma si ritiene che molte altre siano state scritte e andate perdute. Quest’unica superstite è però riuscita da sola in tutto ciò in cui nessun’altra opera letteraria, precedente o successiva, ha avuto altrettanto successo, influenzando profondamente la cultura autoctona – non a caso stiamo parlando dell’unico testo femminile che, all’epoca della sua scrittura, era diffusamente apprezzato nonché ampiamente elogiato anche dai più influenti uomini di corte – e diventando a tutti gli effetti l’opera di massimo rilievo nella letteratura giapponese. Una sorta di <i>Divina commedia</i> nipponica, per intenderci.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-YxZoI7ZPbrY/WErwr038dPI/AAAAAAAABPM/aUF27gnYpegBWF3Scj8kytRR7PPO4tiHgCPcB/s1600/ono-no-komachi_0002.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-YxZoI7ZPbrY/WErwr038dPI/AAAAAAAABPM/aUF27gnYpegBWF3Scj8kytRR7PPO4tiHgCPcB/s320/ono-no-komachi_0002.jpg" width="212" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La famosa poetessa Ono no Komachi,<br />
nota a tutti per la sua bellezza.</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman";">Questo fenomeno letterario senza precedenti è considerato unico al mondo e
si è dimostrato fondamentale soprattutto per la storia culturale del suo paese,
in quanto: ha contribuito a fondare le basi della lingua e della scrittura
giapponesi moderne; ha istituito i canoni estetici e la sensibilità letteraria
giapponese che ancora oggi influenzano la quasi totalità degli autori nipponici;
è uno strumento fondamentale per gli studiosi poiché rappresenta la più
sostanziale testimonianza di un’incredibile civiltà vissuta ormai un migliaio
di anni fa. Ma non finisce qui, perché nomi quali <b>Murasaki Shikibu</b>, <b>Sei
Shonagon</b>, <b>Izumi Shikibu</b>, <b>Ono no Komachi</b> e così via sono penetrati così a fondo
nell’immaginario comune giapponese da continuare a esercitarvi il proprio fascino
anche a un millennio di distanza, ed è così che li ritroviamo costantemente
anche in opere teatrali, film e addirittura manga e anime contemporanei.<o:p></o:p></span></div>
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<!--EndFragment--><br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman";">Le donne, che
successivamente hanno visto mettere a tacere la propria voce per vederla infine
riemergere timidamente solo sul finire del XIX e l’inizio del XX secolo (per
non parlare dell’attuale condizione femminile che fa quasi apprezzare quella
italiana), sono state in realtà per molti anni il perno della cultura e della
letteratura giapponesi, e il loro contributo rimane ancora oggi indelebile in
ogni aspetto delle stesse.<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per quanto riguarda le opere tradotte di queste autrici, attualmente sul mercato italiano sono reperibili: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Le memorie della dama di Sarashina</i> </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Diario di Murasaki Shikibu</i> </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Diario di Izumi Shikibu</i> </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Note del guanciale</i> di Sei Shonagon </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>La storia di Genji </i>di Murasaki Shikibu (di cui presto potrò finalmente presentarvi la recensione!) </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nessuna raccolta di poesie è purtroppo ancora stata tradotta in italiano, né tantomeno il bellissimo <i>Diario di un’effimera</i>, che è considerato il primo, e forse anche il più bello, di tutti i diari scritti dalle dame Heian. La speranza, ovviamente, è sempre l’ultima a morire: conosco studiose che si stanno occupando di questi testi e spero che prima o poi ne vedremo anche qualche traduzione ufficiale.</div>
<!--EndFragment--><style>
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</style>Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-39470305985718117852016-12-02T19:33:00.002+01:002016-12-16T17:44:42.164+01:00Storie al femminile, nuova rubrica!<div style="text-align: justify;">
Buongiorno a tutte e a tutti :)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo post per annunciare l'apertura di una nuova rubrica del blog: <b>Storie al femminile</b>. Le storie che vedrete narrate in questo spazio saranno le più disparate: singoli episodi o biografie di donne della cultura e non solo, storie di gruppi femminili o movimenti, ritratti femminili di uno specifico periodo storico o paese, e chissà, magari un giorno potrebbe ospitare anche qualche intervista. Unico denominatore comune saranno ovviamente le donne, il loro vissuto e le loro esperienze.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come mai questa rubrica? A dire il vero era da un po' che ci pensavo, dovevo solo capire chiaramente quale impronta affidarle. <i>Biblioteca al femminile</i> nasce come blog letterario e questo è ciò che è determinato a rimanere. Però mi sono posta una domanda, ovvero: cos'è davvero una biblioteca? Una biblioteca è un luogo che ospita molti libri, certo; ma la biblioteca è anche il luogo dove – grazie a questi – si va per imparare, per conoscere, per fare ricerca e allargare i propri orizzonti. Oggi molte biblioteche organizzano anche corsi ed eventi aperti al pubblico. Proprio per questo mi sono chiesta se non fosse il caso di prendere alla lettera tutto questo e creare uno spazio in cui la donna sia veramente protagonista attraverso le sue storie narrate non solo attraverso i libri che scrive o di cui è protagonista, ma anche attraverso il blog stesso. Ed è così che è nata l'idea di questa rubrica, che non ha alcuna intenzione di sovrastare i post di recensioni libresche ma che mira piuttosto a completarli.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Biblioteca al femminile</i> nasce per celebrare e "pubblicizzare" il contributo femminile alla cultura e la visione della donna all'interno della stessa, attraverso questa nuova rubrica mi auguro quindi di riuscire a offrire un maggiore contributo a questo proposito e di succedere nel mio intento di approfondire ulteriormente le tematiche qui proposte.<br />
Il primo post della rubrica è in fase di stesura – e ammetto che mi sta dando non poco filo da torcere – e arriverà presto sulle pagine del blog!</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-49460468340697178352016-11-24T13:48:00.000+01:002017-05-20T17:43:06.974+02:00"L'Abbazia di Northanger" di Jane Austen<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-Obk7dWpLdw8/WDYA3z52DiI/AAAAAAAABN8/PisWW-Qo2NcZQQN7QZT9XddEpslchZ5lACLcB/s1600/12332_labbazia-di-northanger-1346289123.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://4.bp.blogspot.com/-Obk7dWpLdw8/WDYA3z52DiI/AAAAAAAABN8/PisWW-Qo2NcZQQN7QZT9XddEpslchZ5lACLcB/s1600/12332_labbazia-di-northanger-1346289123.jpg" /></a></div>
<i><br /></i>
<i><br /></i>
<i>L'Abbazia di Northanger</i> è il primo romanzo completato in età giovanile da Jane Austen ma che, per via di un cambiamento di rotta della casa editrice che si era incaricata di pubblicarlo, rimase a lungo nell'ombra per vedere finalmente la luce solo in seguito alla morte dell'autrice, nel 1817.</div>
<div style="text-align: justify;">
Amo follemente tutti i libri della Austen che ho letto finora, l'ho sempre trovata un'autrice brillante (e come negarlo!) ed estremamente intelligente che ha saputo raccontare con acume e ironia storie di tutti i giorni della media borghesia inglese, arricchendo di attrattiva episodi che in mano ad autrici non altrettanto perspicaci avrebbero rischiato di passare per banali ed eccessivamente sdolcinati. <i>L'abbazia di Northanger</i> è probabilmente il meno apprezzato di tutti i libri della Austen ma, a mio parere, forse anche il meno capito tanto da finire spesso con l'essere fin troppo sottovalutato. Personalmente, ho adorato questa lettura dalla prima all'ultima pagina e spero con la mia recensione di poterle rendere almeno in parte giustizia.<br />
<br />
<br />
<a name='more'></a><br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>Chi non prova godimento nella lettura dei romanzi – sia esso uomo o donna – deve essere intollerabilmente stupido.</i></blockquote>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
La giovane Catherine Morland accetta l'invito dei vicini di casa, i coniugi Allen, a recarsi con loro a Bath, occasione che segnerà per lei l'ingresso ufficiale nella società. Qui la ragazza ha la possibilità di fare numerose nuove conoscenze tra le quali spiccano, da una parte, i fratelli Thorne e, dall'altra, i fratelli Tilney. L'insorgere di un amore nei confronti di Henry Tilney e di una profonda amicizia nei confronti della di lui sorella porteranno Catherine a seguirli per un periodo – sotto invito del padre di Henry – nella loro dimora presso l'abbazia di Northanger dove le fantasie della ragazza, da sempre grande appassionata di romanzi gotici, inizieranno a prendere vita. I romanzi non appartengono però al mondo della realtà e Catherine se ne renderà conto non appena le sue convinzioni inizieranno a sgretolarsi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-y9U0xTsqfak/WDYGTW7w5RI/AAAAAAAABOM/l_G2KBBC5vQ5YVT89Bz9SZonjXCsHWE8gCLcB/s1600/Northanger%2Babbey.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-y9U0xTsqfak/WDYGTW7w5RI/AAAAAAAABOM/l_G2KBBC5vQ5YVT89Bz9SZonjXCsHWE8gCLcB/s320/Northanger%2Babbey.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>L'abbazia di Northanger</i> è senza dubbio un romanzo più immaturo rispetto a capolavori dell'autrice quali <i>Emma</i> e <i>Orgoglio e pregiudizio</i>, tuttavia presenta alcuni tratti tipici della sua narrativa che diventeranno una costante delle sue storie: su tutte, le fedeli, seppure ironiche, descrizioni della media borghesia del tempo.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i><br class="Apple-interchange-newline" />Chi l'avesse conosciuta nella prima infanzia non avrebbe certo pensato che Catherine Morland era nata per diventare un'eroina. L'ambiente in cui viveva, il carattere del padre e della madre, la sua stessa persona e le attitudini, tutto era concordemente contro di lei.</i></blockquote>
<br />
<div style="text-align: justify;">
La protagonista, Catherine, è invece il primo e il più evidente elemento di distacco tra questa e le opere successive della Austen, e la sua diversità – anche se all'epoca in cui il romanzo fu scritto non era ancora prevedibile – è messa in bella mostra già dalle prime righe del testo. Come Emma o Elizabeth, Catherine è una giovane donna piacevole ma un po' ingenua, che matura nel corso nell'opera fino a rendersi conto dei propri errori e imboccare la retta via. Tuttavia, differentemente da queste, non è una donna forte, istruita e particolarmente intelligente. Catherine è infatti descritta come un'anti-eroina: impacciata, ignorante delle cose del mondo, con la mente impregnata delle storie lette nei romanzi gotici che tanto ama e che sono il solo strumento a sua disposizione per conoscere e giudicare fatti e persone.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La storia all'interno della quale si muove sembra essere composta di due parti ben distinte: la prima ha luogo a Bath, dove Catherine entra per la prima volta in contatto con la borghesia inglese e fa la conoscenza dei suoi nuovi amici; la seconda si svolge invece all'abbazia di Northanger, da cui il titolo, dove Catherine si trova immersa nell'atmosfera al contempo eccitante e spaventosa che pervade i romanzi gotici.</div>
<div style="text-align: justify;">
E proprio i romanzi sono il secondo grande protagonista di questa storia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>"E che cosa leggete, signorina...?" "Oh! Non è che un romanzo!" replica la giovanetta, lasciando cadere il libro con indifferenza ricercata o con momentanea vergogna. "È Cecilia, o Camilla, o Belinda" o, per farla breve, non è che un'opera nella quale sono prodigate le più belle facoltà dello spirito e che offre al mondo, in un linguaggio scelto, la più completa conoscenza della natura umana, la più felice descrizione delle sue varietà, le più vive manifestazioni di spirito e di brio.</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La letteratura è infatti un tema centrale che da una parte fa muovere la protagonista in un mondo a lei ancora sconosciuto e, dall'altra, è ripetutamente e continuamente discusso all'interno dell'opera. Più volte, infatti, Catherine si trova a parlare di libri con gli amici, a volte decantando le lodi di questa o quella lettura, altre dibattendo sull'importanza e il ruolo stesso del romanzo. Non è probabilmente un caso che i due pretendenti di Catherine abbiano idee ben distinte sul romanzo e con ogni probabilità la scelta sentimentale della protagonista mira a riflettere proprio l'opinione dell'autrice in merito.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma quello che alla Austen sembra stare più a cuore è l'influenza esercitata dai romanzi sull'esistenza dei singoli individui, questione che porta in primo piano mediante una brillante parodia del romanzo romantico – nella prima parte – e di quello gotico – nella seconda – in cui la sua protagonista diventa un'eroina apparente per poi essere smentita e umiliata non appena è costretta a tornare con i piedi per terra e fare i conti con la realtà. La storia diventa quindi un continuo dialogo tra realtà e fantasia, mondo reale e letteratura, che si concretizza nel personaggio stesso di Catherine, al contempo eroina e anti-eroina.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-tGmTyaYoGQU/WDYU4xhyjsI/AAAAAAAABOc/MAec75dD4wY1xCeJsQkBSY3vc-_vDA2pQCLcB/s1600/nabbey_reading.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://4.bp.blogspot.com/-tGmTyaYoGQU/WDYU4xhyjsI/AAAAAAAABOc/MAec75dD4wY1xCeJsQkBSY3vc-_vDA2pQCLcB/s320/nabbey_reading.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>L'abbazia di Northanger </i>è a mio parere un romanzo molto ben fatto, seppure a tratti un po' acerbo, che anticipa i più grandi capolavori della Austen ma che, al contempo, è in grado di spingersi in una direzione completamente differente che ha il compito di mettere in discussione lo strumento stesso attraverso il quale l'autrice espone il proprio punto di vista. Ho amato questo libro ma, nonostante costituisca un pezzo fondamentale per libreria di ogni fan che si rispetti, non lo consiglierei mai come opera di partenza per conoscere il lavoro della somma Jane Austen, compito che affiderei piuttosto al classico <i>Orgoglio e pregiudizio</i>. Nondimeno, reputo quest'opera veramente ben riuscita e un ottimo pezzo di letteratura degno di figurare sullo scaffale di ogni amante dei classici.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-68290863747778559942016-11-18T21:31:00.000+01:002017-05-20T17:43:20.903+02:00"Scarlet" di Marissa Meyer<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-uhWp9RcZnKw/WB88mMf7lSI/AAAAAAAABNc/GEMkc5Ztwt8-tAvNMugI6bQ_g22hfxkdwCLcB/s1600/Foto%2B06-11-16%252C%2B15%2B14%2B50.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://4.bp.blogspot.com/-uhWp9RcZnKw/WB88mMf7lSI/AAAAAAAABNc/GEMkc5Ztwt8-tAvNMugI6bQ_g22hfxkdwCLcB/s320/Foto%2B06-11-16%252C%2B15%2B14%2B50.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Quando <a href="http://bibliotecaalfemminile.blogspot.it/2016/08/cinder-di-marissa-meyer.html">un po' di tempo fa</a> lessi <i>Cinder</i>, primo volume delle tanto decantate <i>Lunar Chronicles</i> di Marissa Meyer, ne rimasi un po' delusa: se da una parte, infatti, la storia della giovane cyborg meccanica era ricca di spunti interessanti, dall'altra era troppo prevedibile, poco coinvolgente, e con personaggi e ambientazioni a mio parere non sufficientemente sviluppati. Ciononostante, decisi di voler dare una possibilità alle buone idee dell'autrice e mi ripromisi che avrei letto anche il secondo volume, <i>Scarlet</i>. Ebbene finalmente sono riuscita a leggerlo e devo confessare di non essermi affatto pentita della mia scelta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Di seguito ha inizio la recensione di <i>Scarlet</i>, ci tengo a precisare che conterrà numerosi spoiler da <i>Cinder</i> per cui, se non avete ancora letto il primo volume, vi consiglio di astenervi dalla lettura.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<a name='more'></a><br />
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>The fighter's pale eyes darted to Scarlet, and for a moment she sensed a connection between them.<br />Here they were, both outcasts. Unwanted. Crazy.</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La fiaba in cui questa volta ci accompagna la Meyer è quella di <i>Cappuccetto rosso</i>, la celebre bambina che si addentra nel bosco per andare a trovare la nonnina ma che incappa invece nel lupo cattivo. Protagonista del volume è <b>Scarlet Benoit</b>, una giovane fanciulla francese dalla folta chioma scarlatta che vive e lavora con la nonna nella loro fattoria di Rieux. Un recente evento poco piacevole preoccupa però terribilmente la ragazza: la nonna è scomparsa ormai da qualche settimana e le ricerche non sembrano dare risultati incoraggianti. Sebbene la polizia decida di chiudere il caso come un episodio di fuga volontaria, Scarlet è convinta che nulla al mondo possa aver spinto sua nonna a un gesto del genere e che debba senza dubbio essere stata rapita. Nel frattempo la ragazza fa la conoscenza di <b>Wolf</b>, un affascinante quanto temibile lottatore di strada che per quanto sospetto si rivela essere l'unico in grado di aiutarla. I due partono così insieme alla ricerca della nonna di Scarlet mentre con l'avanzare dell'avventura iniziano a emergere sempre più informazioni sull'anziana signora Benoit che suggeriscono il suo essere invischiata in qualcosa di terribilmente grosso cui Scarlet fatica a credere e che fa crescere in lei il sospetto di non aver mai realmente conosciuto sua nonna. Nel frattempo, dall'altra parte del mondo, nella Repubblica Orientale, <b>Cinder</b> riesce a trovare una via di fuga e si mette in viaggio con il suo nuovo compagno di avventure: <b>Carswell Thorne</b>, un cadetto del corpo militare americano, arrestato per aver rubato una navicella spaziale. È proprio a bordo di Rampion, la navicella rubata e successivamente nascosta da Thorne, che i due si danno insieme alla fuga fino a quando Cinder deciderà di recarsi in Francia a incontrare una certa <b>Michelle Benoit</b> che sembrerebbe essere in possesso di informazioni per lei molto importanti.<br />
<br />
<i>Scarlet </i>riprende pertanto la storia di <i>Cinder</i> da dove l'avevamo lasciata nel primo libro affiancandole una nuova protagonista con il suo dramma e la sua storia che finirà presto per incrociarsi con quella della fuggitiva cyborg, nonché Principessa, lunare. Tematiche sociali portanti del primo volume – quali l'esclusione del diverso e la manipolazione delle masse – passano qui in secondo piano per lasciare maggior spazio alla storia vera e propria che entra finalmente nel pieno dell'azione facendosi più complessa e coinvolgente – e portando con sé nuove interessanti tematiche, su tutte quella della fiducia. <i>Scarlet </i>è senza dubbio qualitativamente superiore a <i>Cinder</i> e mostra un'indiscussa evoluzione stilistica e narrativa della sua autrice che non ho potuto fare a meno di apprezzare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<blockquote class="tr_bq">
<i>Frowning, Scarlet squinted down the double barrels. If he was lying, then this was one of the men who had taken her grandmother from her. He was cruel. He was evil. He deserved a bullet between his eyes.<br />But he was her only lead.</i></blockquote>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Innanzitutto, una nota di merito va ai nuovi protagonisti della serie: ho trovato Scarlet e Wolf di gran lunga più interessanti di Cinder e Kai. Non sono più personaggi bidimensionali che si muovono in uno spazio astratto ma, nonostante sia sempre presente una certa tendenza a sacrificare l'introspezione psicologica in favore dell'azione, sono figure ben più delineate, con le proprie luci e ombre e uno spessore che spinge il lettore a una maggiore immedesimazione e a interrogarsi sul loro carattere e la loro natura. Il coraggio di Scarlet e l'aura di mistero che avvolge Wolf – temibile e allo stesso tempo rassicurante, ambiguo e al contempo attraente – ne fanno due personaggi appassionanti e intriganti che inducono il lettore a seguire con affetto e curiosità la loro storia (che tradotto in termini meno sofisticati si può anche leggere: <i>*coff*</i> li shippo tantissimo!!! <i>*coff*</i>). L'atmosfera che si respira attorno ai due personaggi rimanda moltissimo a quella della fiaba originale con quella ingenua accondiscendenza avvolta in una costante sensazione di pericolo, ma allo stesso tempo apre il lettore a una nuova storia che – differentemente dal primo volume – si rivela più originale e coinvolgente e meno prevedibile.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>All Cinder had ever wanted was freedom. Freedom from her stepmother and her overbearing rules. Freedom from a life of constant work with nothing to show for it. Freedom from the sneers and hateful words of strangers who didn't trust the cyborg girl who was too strong and too smart and too freakishly good with machines to ever be normal.<br />Now she had her freedom – but it wasn't anything like she'd envisioned.</i></blockquote>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
Il personaggio di Cinder, già conosciuto nel libro omonimo, pur essendo quello della protagonista rimane invece a mio parere più anonimo. Anche nei suoi riguardi si nota tuttavia una maggiore attenzione alla caratterizzazione data in parte da una più sviluppata introspezione psicologica e in parte da un'evoluzione della sua storia che la porta finalmente a prendere le distanze dal limitato mondo "Cenerentoliano" in cui l'abbiamo vista nascere per muoversi finalmente in una narrazione indipendente e, si spera, più originale. Ma il personaggio che, a mio parere, merita il maggior riconoscimento è quello di Thorne: così autocompiaciuto e pieno di sé da assumere i panni del giullare della compagnia, una sorta di versione simpatica del professor Gilderoy Lockhart (Allock nell'edizione italiana) in <i>Harry Potter e la camera dei segreti</i>.<br />
<br />
Come dicevo, ho trovato <i>Scarlet</i> molto meno prevedibile e decisamente più coinvolgente rispetto a <i>Cinder</i>, il che denota un evidente miglioramento nello stile narrativo dell'autrice. I colpi di scena, del tutto inesistenti in quest'ultimo, in <i>Scarlet</i> trovano finalmente un loro spazio con il piacevole risultato di rendere la lettura più interessante e in grado di portare a segno quello che dovrebbe l'obiettivo primario di una storia: intrattenere, emozionare e sorprendere il lettore. Anche per quanto riguarda le ambientazioni, che in <i>Cinder</i> avevo trovato scarse affermando che "l’ambientazione è intuibile ma non prende mai chiaramente forma nel corso della narrazione, lasciandoti nella mente immagini di personaggi che sembrano muoversi nel vuoto" (auto-cit.) in questo secondo volume, seppur prive di descrizioni sufficientemente dettagliate, vanno affermandosi più nitidamente. Il risultato complessivo è pertanto quello di un buon libro, dalla storia avvincente, ben strutturato e con personaggi interessanti che – pur necessitando ancora di qualche miglioramento – vede una Meyer molto più matura di quella che ci si era presentata in precedenza, un'autrice che può continuare a migliorare e che dimostra di essere ben determinata a farlo.<br />
<br />
Questa serie mi disorienta. Da una parte mi si para davanti come il più classico esempio di <i>young adult</i> del XXI secolo con tutte le sue debolezze e leggerezze, e la sostanziale mancanza del <i>pathos</i>, della profondità e della poesia che caratterizzano le opere che di solito tendo ad amare maggiormente; dall'altra, c'è qualcosa in essa – forse proprio il potere disarmante delle fiabe – che mi attira inesorabilmente e mi rende impossibile abbandonarla. Non si tratta certo di un'opera di grande letteratura, ma trovo che con <i>Scarlet</i> la Meyer sia riuscita ad elevare notevolmente la qualità del suo lavoro che, come mi auguravo ma non credevo possibile con <i>Cinder</i>, ha ora forse buone probabilità di diventare un'ottima serie. Non riesco a dare un giudizio concreto su questa saga, mi trovo sempre tentennante, ma posso dire con certezza che questo secondo volume mi ha a tutti gli effetti convinta a portarne a termine la lettura.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-51214971402449031702016-11-04T14:56:00.001+01:002017-05-20T17:43:34.136+02:00"Chi ti credi di essere?" di Alice Munro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-nocuOfq3EoA/V-_VcM1lmhI/AAAAAAAABMI/-FYMaq0KxbwZO3Hp5WdYm3tPopRX2zxTwCLcB/s1600/Foto%2B01-10-16%252C%2B14%2B44%2B09.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://3.bp.blogspot.com/-nocuOfq3EoA/V-_VcM1lmhI/AAAAAAAABMI/-FYMaq0KxbwZO3Hp5WdYm3tPopRX2zxTwCLcB/s320/Foto%2B01-10-16%252C%2B14%2B44%2B09.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In Giappone l'autunno è considerato la stagione della lettura per antonomasia tanto da aver coniato appositamente l'appellativo "dokusho no aki" – letteralmente, l'autunno della lettura. Per non tradire le aspettative che questa stagione porta con sé tra settembre e ottobre mi sono completamente immersa nella lettura dei generi più disparati (anche se purtroppo non sono riuscita a trovare il modo di buttar giù qualche post) rispolverando, tra i tanti, i vecchi libri di Harry Potter che ho iniziato a rileggere. Quello di cui parlerò oggi, tuttavia, non ha niente a che vedere né con Harry Potter né con le mie letture autunnali, si tratta bensì di uno dei libri che avevo letto sul finire dell'estate e che da tempo aspettavo di recensire.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono sempre stata curiosa di provare a leggere qualcosa di Alice Munro fin da quando ha vinto il nobel per la letteratura; alla fine la mia scelta è ricaduta su <i>Chi ti credi di essere?</i>, una delle sue prime opere, non per un motivo preciso ma semplicemente perché l'avevo trovato in una promozione, il che non rappresenta forse il miglior criterio per scegliere il libro con cui iniziare a conoscere un autore. Ma passiamo alla recensione :)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<i>Chi ti credi di essere?</i> è un'opera dalla struttura particolare, a metà strada fra una raccolta di racconti e un romanzo. I dieci capitoli che la compongono possono infatti essere considerati semplici racconti a se stanti che non richiedono necessariamente la lettura degli altri per essere compresi e apprezzati; al contempo, posti in ordine cronologico e con un'unica protagonista a fare da filo conduttore, possono dar vita a un romanzo di formazione che narra la storia e l'evoluzione della sua complessa protagonista.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i><br class="Apple-interchange-newline" />A renderci desiderabili non è qualcosa che facciamo, ma qualcosa che senza saperlo abbiamo dentro di noi. Rose si guardava allo specchio e pensava: moglie, fidanzata. Che belle parole dolci. Come potevano adattarsi a lei? Era tutto un miracolo; tutto uno sbaglio. Era quello che aveva sognato; non era quello che aveva desiderato.</i></blockquote>
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La storia di Rose ha inizio quando è ancora una bambina ribelle, cresciuta in una famiglia povera e di bassa cultura, che viene punita a cinghiate dal padre, per progredire con le sue esperienze a scuola, il primo fidanzato, gli amanti futuri e il lavoro che la porteranno ad allontanarsi dal suo paesino per farvi ritorno soltanto a distanza di anni. I capitoli, uno dietro l'altro, danno forma al racconto della vita di una donna alla continua ricerca della sua identità e di un modo per distinguersi dagli altri, in particolare dagli appartenenti all'ambiente povero e poco istruito che l'ha vista crescere.<br />
Rose non è una protagonista piacevole, la definirei piuttosto al limite dell'insopportabile: è egoista, irrispettosa, sfrontata e bugiarda – caratteristica, quest'ultima, che si sposa alla perfezione con quella che diventerà poi la sua professione di attrice. In un passo del sesto racconto l'autrice illustra così il suo carattere: "Menzogna e dissimulazione sembravano venirle meravigliosamente spontanee; quasi un godimento in sé." Rose, infatti, non fa che mentire e ingannare non solo gli altri, ma anche se stessa, illudendosi di essere una donna forte e indipendente che non ha bisogno di nessuno per andare avanti e finendo poi con il cercare rifugio tra le braccia di un amante o di una figlia che si rivela essere ben più saggia di lei. </div>
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La repulsione per il mondo da cui proviene è la forza motrice alla base di ogni sua azione, il carburante che nutre quell'irrefrenabile desiderio di distinguersi e allontanarsi da quelle persone che trova solo ripugnanti e alle quali non vuole sentirsi associata mai. Rose è mossa da un senso di superiorità e da uno smodato egocentrismo che la portano a vedere il mondo solo attraverso il suo disgusto, senza mai comprendere né provare ad accostarsi all'animo altrui, e a trarre la sua forza dal disprezzo e dalla derisione degli altri, inclusi i membri della sua famiglia. Eppure per quanto cerchi di sfuggire alla povertà – materiale e interiore – finirà sempre con l'esserne inesorabilmente attratta. Chi sono? Cosa cerco? Sono domande che fanno da sfondo a ogni singolo racconto e che inevitabilmente finiscono con il dipingere la protagonista come una donna debole, incapace di trovare un punto fermo nella propria vita e, dopotutto, non così diversa da coloro il cui atteggiamento tende a deplorare. Rose è un'attrice non tanto sul palcoscenico quanto piuttosto nella vita reale, e solo se riuscirà ad afferrare questo elemento potrà dire di aver trovato se stessa e di essere finalmente maturata.</div>
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Chi ti credi di essere? È un'altra domanda – forse la più importante – che fa eco più volte nel corso dell'opera e che, a mio parere, potrebbe a tratti lasciare il dubbio su chi ne sia il vero destinatario. Dall'alto del suo egocentrismo Rose non riesce a leggere nel cuore delle persone, a capire i loro problemi, tutto gira attorno a lei; e chi si credono di essere gli altri per agire in quel determinato modo? Più volte ho avuto l'impressione che proprio "gli altri" fossero coloro cui Rose avrebbe voluto indirizzare questa domanda, quando dalla narrazione risulta inequivocabile che l'unica destinataria designata dall'autrice sia proprio la sua protagonista.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Per suo padre Flo incarnava l'ideale di donna. Rose lo sapeva anche perché lui non mancava di ripeterlo. La donna doveva essere energica, efficiente, in gamba a fare e a risparmiare; doveva essere furba, abile nel contrattare, imperiosa e capace di smascherare le altrui falsità. Al tempo stesso, doveva mostrarsi intellettualmente ingenua, puerile, nemica di carte geografiche, paroloni difficili e di tutto quello che c'è nei libri, piena di belle idee confuse, superstizioni, credenze popolari. [...] Perciò una parte della vergogna di Rose dipendeva dall'essere femmina ma per sbaglio, dal non essere destinata a diventare una donna come si deve. Ma c'era dell'altro. Il vero problema era avere in sé e assecondare tutte le caratteristiche di suo padre da lui giudicate peggiori. Tutto ciò che lui era riuscito a mortificare e a sopire in se stesso, raffiorava in lei che non manifestava invece alcuna volontà di combatterlo.</i></blockquote>
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Anche il femminismo trova un suo spazio nel corso della narrazione e prende forma nella naturale propensione di Rose a ribellarsi nei confronti della sua famiglia, nonché ovviamente nel suo desiderio spasmodico di emancipazione. La terribile somiglianza con il padre proprio su quegli aspetti che lui cerca in tutti i modi di reprimere mentre lei lascia liberamente venire a galla simbolizza proprio la conflittualità tra il disperato bisogno di Rose di differenziarsi da quella famiglia così retrograda e, ironicamente, la grande somiglianza che la accomuna a essa. E proprio in questa cornice si forma l'ideale femminista che, insieme al bisogno di distinguersi, spingerà la protagonista a scegliere il suo percorso nella vita.</div>
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Mi è piaciuto questo libro? Ad essere sincera, me lo sto ancora chiedendo. Ho visto più volte paragonare Alice Munro a Virginia Woolf e ciò mi ha creato delle false aspettative. Penso che bisognerebbe smetterla di paragonare autori e artisti ai loro predecessori con tanta semplicità perché si rischia di incorrere nel duplice errore di ingannare il lettore e sminuire il loro lavoro. In Alice Munro, o almeno in quest'opera, non ho trovato nulla della meraviglia e del tormento che caratterizzano i lavori della Woolf, nondimeno ci troviamo ugualmente davanti a un testo interessante e profondamente riflessivo. Onestamente, avrei preferito godermelo senza inutili aspettative che hanno finito unicamente con il creare in me un senso di delusione che forse avrei potuto evitarmi, ma purtroppo così non è stato. Se dovessi dare un parere a cuor leggero su questa lettura direi: "Interessante, ma mi aspettavo di più da un premio nobel", tuttavia preferisco non fermarmi qui e prima di poter dare un giudizio globale sull'autrice vorrei approfondirne ulteriormente la conoscenza.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-13610193759501298852016-10-22T14:43:00.000+02:002017-05-20T17:43:47.605+02:00"La piccola principessa" di Frances Hodgson Burnett<div style="text-align: justify;">
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-e2Qp9l9vWg4/WAteqxCuYtI/AAAAAAAABNI/3BTJ_JJKs-U_MZJtZSgIJ65IujtGQqraQCLcB/s1600/Foto%2B22-10-16%252C%2B14%2B22%2B59.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-e2Qp9l9vWg4/WAteqxCuYtI/AAAAAAAABNI/3BTJ_JJKs-U_MZJtZSgIJ65IujtGQqraQCLcB/s320/Foto%2B22-10-16%252C%2B14%2B22%2B59.jpg" width="320" /></a></div>
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Credo che scegliere da adulti di riprendere in mano un libro della propria infanzia rappresenti un po' un'arma a doppio taglio. Se da una parte ha infatti il vantaggio di riportarci indietro nel tempo e farci rivivere emozioni nostalgiche di un lontano passato; dall'altra, rischia di lasciarci con un'amara delusione dovuta a una inevitabile lettura più critica e consapevole che potrebbe rovinare la magia dei ricordi.</div>
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Onestamente non ricordo se mai ho letto <i>La piccola principessa </i>in passato, ma so per certo di aver visto innumerevoli volte il film del 1995 così come la serie animata. Entrambe le trasposizioni, ma soprattutto il film, rimangono un piacevolissimo ricordo della mia infanzia e mi tornano ancora in mente come fossero ieri le serate trascorse sul letto dei miei genitori a godermi questa dolcissima fiaba.</div>
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<a name='more'></a></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-qJFjA6WNrRw/WAqWKdYiO4I/AAAAAAAABM4/3iH_9SqRxjgUH_VbPmsBSFtcUmxF6qmEgCLcB/s1600/3231-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-qJFjA6WNrRw/WAqWKdYiO4I/AAAAAAAABM4/3iH_9SqRxjgUH_VbPmsBSFtcUmxF6qmEgCLcB/s320/3231-2.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una scena dal film del 1995.</td></tr>
</tbody></table>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Ermengarda guardò prima Sara, poi la bambola, poi di nuovo la compagna. – Cammina? – chiese allibita. – Sì. Almeno, io ci credo. O meglio, faccio finta di crederci, e questo mi basta perché sembri vero. Tu non fingi mai di credere a qualcosa?</i></blockquote>
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Nata in India dove, orfana di madre, ha trascorso l'infanzia al fianco del suo adorato papà, Sara Crewe arriva a Londra dove il padre ha intenzione di affidarla a un istituto che si prenda cura di lei e le impartisca la più rinomata educazione. Il padre di Sara – un capitano dell'esercito inglese – è un uomo molto ricco che ama viziare la figlia con costosissimi regali e Miss Minchin, direttrice dell'istituto, per non perdere un tanto prezioso cliente offre alla bambina la stanza più bella dell'istituto e le concede ogni possibile privilegio. Sara non è solo ricca e graziosa, ma anche una bambina molto intelligente e matura, con una perfetta conoscenza del francese, educata e dai modi raffinati. Questa evidente superiorità nei confronti delle altre bambine non la rende tuttavia altezzosa: al contrario, Sara sa anche essere estremamente gentile e comprensiva, e ha una naturale predisposizione a preoccuparsi e offrire il proprio aiuto alle persone meno fortunate. Viene da sé che questa sua amabilità, la ricchezza di cui si circonda e l'incredibile talento della bambina nell'inventare e raccontare meravigliose storie ne fanno subito l'idolo delle sue compagne e poco tempo trascorre dal suo arrivo che tutte iniziano a chiamarla "principessa". Questo periodo non dura però a lungo e il sogno principesco di Sara si spezza quando giunge la notizia della morte di suo padre. La perfida e calcolatrice Miss Minchin, trovandosi con la bambina a carico e non avendo più alcun interesse nell'assecondarla, la costringe così a trasferirsi in soffitta e iniziare a lavorare come una piccola serva. Da questo momento in poi la vita non riserverà a Sara altro che sofferenza e difficoltà che la bambina riuscirà a sopportare solo grazie al suo innato ottimismo e alle sue fantasie senza fine.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Osservando l'espressione terrorizzata di quel visetto sporco di carbone, Sara provò tanta compassione che le si strinse il cuore. Uno dei suoi soliti, bizzarri pensieri le attraversò la mente, e si avvicinò a Becky per accarezzarle una guancia, dicendole: – Noi siamo uguali, sai. Io sono una bambina come te, ed è solo per un accidente che io non sono al tuo posto e tu non sei al mio.</i></blockquote>
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La mia lettura de <i>La piccola principessa</i>, devo ammetterlo, è iniziata fin da subito con non poche riserve. Ho trovato decisamente disturbanti i continui elogi che l'autrice riserva alla sua giovane protagonista: Sara viene descritta come fin troppo perfetta al punto da non apparire nemmeno umana e minando così la credibilità del personaggio e la possibilità di immedesimazione da parte del lettore. Questa tendenza risulta essere particolarmente eccessiva in un particolare passaggio che vede Sara alle prese con una lettera da inviare al padre, e tutto quello che potevo pensare leggendola era che una bambina di dieci anni non potrebbe mai scrivere in quel modo. Sarò sincera, dopo aver letto questo passaggio mi sono trovata a un passo dall'abbandonare la lettura. Ciononostante, qualcosa alla fine mi ha comunque convinta a continuare e ne sono contenta.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lvayXvX19KE/WAqVr7Cd1BI/AAAAAAAABM0/Ht9smcF-FWw7GaloYllATkexNVO_g6cxwCLcB/s1600/Sara_morris.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-lvayXvX19KE/WAqVr7Cd1BI/AAAAAAAABM0/Ht9smcF-FWw7GaloYllATkexNVO_g6cxwCLcB/s320/Sara_morris.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'anime de <i>La piccola principessa</i>, giunto in Italia con il titolo <i>Lovely Sara</i>.</td></tr>
</tbody></table>
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Ci troviamo difronte a una di quelle storie create per far sognare le bambine ed essere al contempo educative, l'idealizzazione della protagonista è probabilmente una prerogativa necessaria, ma sono felice che questo ardore nei suoi confronti si sia leggermente smorzato con il progredire della narrazione. In seguito alla degradazione sociale il personaggio di Sara si fa infatti più credibile, più umano e meno "supereroe". Nonostante la bambina rimanga sempre inverosimilmente intelligente, gentile e magnanima, iniziano a emergere anche alcune piccole debolezze che la rendono più avvicinabile e – per certi versi – apprezzabile. Per il resto, i fatti che seguono sono quelli che conosciamo tutti (ma che non citerò in caso qualcuno non conosca o non ricordi la storia) e Sara non verrà comunque mai meno al suo carattere fantasioso e altruista.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i><br />"In ogni caso, – si disse, – c'è qualcosa che non potranno mai cambiare. Se sono una principessa con questi stracci addosso, posso esserlo anche in fondo al cuore. Sarebbe facile essere una principessa se avessi vestiti eleganti e costosi, ma esserlo sempre dentro di me, all'insaputa di tutti, è un trionfo ancor più grande."</i></blockquote>
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Due sono i messaggi di cui si fa portatrice questa tenera storia: da una parte, invita le bambine a essere sempre gentili e comprensive nei confronti degli altri perché essere buone un giorno di certo le ripagherà; dall'altra, le incoraggia a essere sempre positive, a trovare sempre il bello in ogni situazione e a non smettere mai di sognare e affidarsi alla fantasia perché queste sono le chiavi della felicità. La storia è ovviamente profondamente idealizzata e tocca per certi aspetti le vette della fiaba, ma dopotutto le fiabe rimangono per i bambini alcune tra le più allettanti attrattive e uno dei principali strumenti educativi, per cui la scelta stilistica della Burnett non è certamente da biasimare. E in fondo chi da piccola non ha mai desiderato essere un po' Sara Crewe? </div>
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<i>La piccola principessa</i> è senza dubbio una storia per bambine che difficilmente proporrei a un adulto a meno che non si tratti per lui di una rilettura consapevole o, come lo è stato per me, una prima lettura che fa seguito a innumerevoli visioni del film o della versione animata. Appartenendo, per l'appunto, a questa seconda categoria – e pur non sapendo trattenermi dall'osservare la storia con un certo occhio critico – devo confessare che alla fine l'avventura della piccola Sara è riuscita ancora una volta a scaldarmi il cuore e a farmi tornare per qualche giorno ancora bambina.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-20653521398784249422016-10-16T15:11:00.000+02:002016-10-16T15:11:37.015+02:00Liebster award 2016<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-eJb8CWbgq0w/V_6gwSEobLI/AAAAAAAABMk/yxGZmBYR2yspLByhhFaSQQiiFruH0fsPQCLcB/s1600/download.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://2.bp.blogspot.com/-eJb8CWbgq0w/V_6gwSEobLI/AAAAAAAABMk/yxGZmBYR2yspLByhhFaSQQiiFruH0fsPQCLcB/s1600/download.png" /></a></div>
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In questi giorni riuscire a trovare il tempo per scrivere un post è veramente difficile e ho una lista infinita di libri da recensire che non accenna a diminuire. Ma oggi non sono qui per una recensione bensì per un'altra cosa che mi da moltissima soddisfazione :)<br />
Un po' di tempo fa – con mio gaudio e immensa sorpresa – sono stata nominata per il Liebster award, un premio da assegnare a undici blog con meno di 200 iscritti. È passato un po' ormai da quando sono stata nominata, per via di tutta una serie di impegni non sono più riuscita ad aggiornare con frequenza il blog, ma avevo detto che non me ne sarei dimenticata e finalmente eccomi qui :)</div>
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Chi viene nominato per questo premio deve seguire una serie di step predeterminati, ecco allora di seguito i miei:</div>
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<b>1. RINGRAZIARE CHI TI HA NOMINATA</b></div>
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Grazie infinite a Virginia di V<a href="https://virginiaeillabirinto.blogspot.it/">irginia e il labirinto</a>, una delle mie primissime lettrici nonché una delle più fedeli. Grazie davvero per avermi nominata!</div>
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<b>2. SCRIVERE QUALCOSA RIGUARDO UN BLOG CHE SEGUI</b></div>
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Seguo diversi blog, anche se non moltissimi ancora. Un blog che seguo da prima ancora di diventare io stessa una blogger e che ho sempre amato è <a href="http://www.bibliotecagiapponese.it/">Biblioteca giapponese</a>, uno spazio interamente dedicato – come da titolo – alla letteratura giapponese con recensioni, novità, curiosità e simpatiche iniziative. Se vi interessa anche solo un po' la letteratura nipponica, Biblioteca giapponese è senza dubbio il posto che fa per voi grazie anche alla creazione, in collaborazione con altri blog, di un bookclub tutto al giapponese. Vi consiglio di passare a dargli un'occhiata perché merita veramente :)</div>
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<b>3. RISPONDERE ALLE DOMANDE DEL BLOG CHE TI HA NOMINATA</b></div>
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<i>• Perchè hai scelto proprio quel preciso nome per il tuo blog?</i></div>
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Ad essere sincera non ci ho pensato a lungo: volevo un nome che fosse immediato, semplice da ricordare e che desse chiaramente l'idea del contenuto del blog. Biblioteca al femminile – e NON "biblioteca femminile" – è stata fin da subito la scelta più ovvia.</div>
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<i>• Hai un genere di letture di comfort o ti piace spaziare?</i></div>
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Sono una lettrice onnivora e mi piace leggere un po' di tutto, generalmente non leggo mai due libri dello stesso genere uno di seguito all'altro ma appena finisco un genere ho voglia di passare a qualcosa di diverso, così cambio continuamente la tipologia di letture. Il mio più grande amore rimangono però i classici, ultimamente affiancati dai romanzi storici.</div>
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<i>• Nomina un adattamento cinematografico di un libro che ti ha soddisfatto.</i></div>
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Mmh... questa è dura! Credo che tutto sommato i film della saga di Hunger Games mi abbiano piuttosto soddisfatta, in particolare il primo visto che negli altri due ho trovato comunque delle cose da ridire XD</div>
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<i>• Puoi entrare dentro a un libro. Quale e perchè?</i></div>
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Harry Potter, assolutamente! Andiamo, chi non ha mai desiderato ricevere la sua lettera via gufo, salire sull'espresso per Hogwarts, essere smistato in una delle case, percorrere i corridoi della celebre scuola di magia e prendere parte alle lezioni? Magari anche conoscere qualcuno dei tanti personaggi che abbiamo imparato ad amare leggendo la saga. Darei ogni cosa pur di poter conoscere Luna e Ron!</div>
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<i>• Un autore di cui compri ogni libro che esce, senza neanche leggere la trama.</i></div>
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Classici a parte, ora come ora direi Philippa Gregory. Ho già sei libri suoi e tutti gli altri sono nella mia wishlist di Amazon, e molti non ho nemmeno la più pallida idea di cosa trattino.</div>
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<i>• Cosa ne pensi del self-publishing?</i><br />
Come sempre sono una persona molto incoerente, per cui predico bene e razzolo male. Sono assolutamente favorevole al self-publishing perché da la possibilità ad autori emergenti di fare quello che le case editrici non permettono loro di fare: far conoscere i propri lavori. Al contempo, è anche vero che questo apre le porte un po' a tutti, da autori decisamente promettenti ad altri che –diciamocelo – farebbero meglio a cambiare lavoro, e proprio per questo tendo a guardare sempre con sospetto alle opere self-publishing e l'unica che abbia mai letto è stata un libro scritto da una mia cara amica.</div>
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<i>• Consiglia un autore del tuo genere preferito.</i><br />
Ahia... credo che con questa domanda rischierei di cadere nel banale, e lo farò. Come ben sapete sono una appassionata dei grandi classici e un'autrice che, in questo genere, penso meriti di essere letta da tutti è decisamente la mia amata Jane Austen che non credo abbia bisogno di presentazioni ;) Per quanto riguarda i romanzi storici, anche se l'ho già citata poco più su, direi decisamente Philippa Gregory. Per quanto ami questo genere non ho ancora letto molto e non saprei dire se possa essere considerata la migliore – e forse non lo è – ma penso sia decisamente quella più facilmente avvicinabile poiché, pur rimanendo fedele ai fatti storici, riesce a rendere le sue storie molto più romanzate rispetto a quelle di altre autrici privandole di quell'impronta fortemente biografica che romanzi di questo genere rischiano di assumere.</div>
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<i>• Se dovessi scegliere il protagonista di un libro come migliore amico (o amica, ovvio), su chi ricadrebbe la tua scelta?</i><br />
Sarò ripetitiva ma decisamente Luna Lovegood di Harry Potter! La trovo semplicemente geniale e splendida.</div>
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<i><br /></i></div>
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<i>• L'amore per la lettura te l'ha trasmesso qualcuno o ti è nato spontaneamente, in un terreno "inospitale" (ovvero senza nessun incoraggiamento esterno)?</i><br />
Direi decisamente la seconda. I miei non sono mai stati grandissimi amanti della lettura, anche se da piccola hanno sempre cercato di incoraggiare la mia passione riempiendomi di libri. Sono nata in un piccolo paese che non mi è mai stato particolarmente congeniale e ho sempre desiderato andarmene, la letteratura è diventata il mio mezzo per evadere e conoscere luoghi e persone interessanti che stimolassero la mia curiosità.</div>
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<i>• Se potessi eliminare un libro dalla faccia della Terra, quale sarebbe?</i><br />
Cinquanta sfumature di... tutti i colori che seguono. Non ho mai letto per intero nessuno dei libri della serie perché non mi hanno mai ispirato, ma visto il grande successo ho deciso di cercare un po' di citazioni online e... oddio, se quelle che ho trovato erano – a detta delle fan – le parti migliori, non oso immaginare le altre. Che orrore!</div>
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<i>• C'è un libro "speciale" per te? Se si, quale?</i><br />
Ce n'è più di uno, ma se dovessi scegliere allora sarebbe senza dubbio lui: "La storia di Genji" di Murasaki Shikibu, il mio libro preferito in assoluto e quello che mi ha convinta a dare una svolta alla mia vita. Non sarei la stessa oggi se non fosse per il Principe Genji e le sue meravigliose donne, e probabilmente non starei nemmeno scrivendo questo blog.</div>
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<b><br /></b></div>
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<b>4. SCRIVI 11 COSE DI TE</b></div>
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1) Sono meteoropatica da far schifo, il che vuol dire che nei giorni di sole posso essere la persona più attiva del mondo e spaccare tutto, ma quando fa freddo/è nuvoloso/c'è nebbia/tira vento/qualsiasi altra cosa divento una sorta di larva dolorante, nervosa e incapace di fare qualsiasi cosa XD<br />
<br />
2) Amo Sailor Moon e le principesse Disney e, per la gioia del mio ragazzo, abbiamo la casa piena di goods a tema!<br />
<br />
3) Adoro tè e tisane bollenti e da settembre a maggio non bevo altro, soprattutto adoro affondarmi nel divano con un bel libro in una mano e un tè caldo nell'altra.<br />
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4) Amo le riletture, soprattutto delle saghe. Una volta ho deciso di rileggere tutti gli Harry Potter di seguito e per i tre mesi successivi ho continuato a fare sogni a tema ogni notte, anche con risvolti inquietanti del tipo: Harry che si innamora della McGonagall XD<br />
<br />
5) Da bambina volevo fare l'astronoma, poi ho scoperto che bisognava studiare matematica e surrogati e ho rinunciato. Allora sono passata a voler fare la scrittrice, ma ho presto capito di non avere un minimo di fantasia. Così mi sono trovata a studiare la letteratura e a fare l'aspirante traduttrice (sì, mi si prospetta una vita di povertà!).<br />
<br />
6) Non mi piace prendere i libri in prestito, né da amici né dalle biblioteche. Fin da piccola ho sempre considerato libri e fumetti un oggetto personale e non ho mai letto nulla prima di poterlo comprare con le mie finanze (il che non sarà certo di aiuto al mio futuro di povertà).<br />
<br />
7) Da piccola sognavo di essere come Jo March.<br />
<br />
8) Amo leggere i libri in lingua originale. Per ora leggo in inglese e in giapponese, ma mi piacerebbe imparare a farlo anche in francese (il mio sogno è leggere I miserabili in lingua originale *_*).<br />
<br />
9) Adoro le fiabe e sto cercando di recuperare libri di fiabe di ogni paese (purtroppo l'attuale carenza di finanze non mi è di aiuto).<br />
<br />
10) Ogni anno, in periodo natalizio, è ormai tradizione per me riguardare tutti i film di Harry Potter.<br />
<br />
11) Ho la tendenza ad amare personaggi che di solito la massa detesta e odiare personaggi che piacciono a tutti.</div>
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<br /></div>
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<b>5. LE 11 DOMANDE DA ME FORMULATE ALLE QUALI I BLOG DA ME NOMINATI DOVRANNO RISPONDERE</b></div>
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1) Un personaggio femminile che vorresti incontrare? E uno maschile?<br />
2) Un genere che proprio non fa per te?<br />
3) Qual è il libro che ha fatto nascere in te la passione per la lettura?<br />
4) Un personaggio in cui ti riconosci?<br />
5) La tua fiaba preferita da bambino?<br />
6) Un libro di cui vorresti completamente cambiare il finale?<br />
7) Un personaggio che tutti odiano ma tu adori?<br />
8) In quale momento della giornata preferisci leggere?<br />
9) Un libro già esistente che vorresti aver scritto tu?<br />
10) Un libro che ti ha cambiato la vita?<br />
11) Da quale autore vorresti ricevere consigli di scrittura?</div>
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<b>6. NOMINA 11 BLOG CON MENO DI 200 ISCRITTI</b></div>
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Non conosco ancora moltissimi blog – e conto sui vostri post per scoprirne di nuovi ;) – ma questi sono quelli che mi sento di nominare:<br />
1) <a href="http://lanostrapassionenonmuore.blogspot.it/">La nostra passione non muore ma cambia colore</a><br />
2) <a href="http://agameoftardis.blogspot.it/">A Game of TARDIS</a><br />
3) <a href="https://capitolozeroblog.blogspot.it/">Capitolo Zero</a><br />
4) <a href="http://divineribelli.blogspot.it/">Divine ribelli</a><br />
5) <a href="http://cercandolameraviglia.blogspot.it/">Looking for wonder</a><br />
6) <a href="http://saratraipapaveri.blogspot.it/">Sara tra i papaveri</a><br />
7) <a href="http://storiedipagine.blogspot.it/">Storie di pagine</a><br />
8) <a href="http://whenwetalkaboutbooks.blogspot.it/">What we talk about when we talk about books?</a><br />
9) <a href="http://www.unteconjaneausten.com/">Un tè con Jane Austen</a><br />
10) <a href="http://bookishbrains.blogspot.it/">Bookish Brains</a><br />
11) <a href="https://recensionipaperleaves.wordpress.com/">Paper Leaves</a></div>
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-69788975081789894182016-10-07T17:49:00.000+02:002017-05-20T17:44:02.348+02:00"La signora Dalloway" di Virginia Woolf<div style="text-align: justify;">
Salve a tutti! Oddio, mi rendo conto che sono passati già venti giorni dall'ultima volta che ho aggiornato il blog e chiedo scusa per questa enorme mancanza. Le ultime due settimane mi hanno vista alle prese con un sacco di impegni tra viaggi, lavoro (che di solito non ho quindi dovrei vederla come una cosa positiva!) e scadenze varie; sono riuscita a fatica ad aprire un libro, figuriamoci a scrivere qualcosa.</div>
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Mi scuso veramente per questa lunga assenza e prometto di tornare più attiva che mai! Oggi, intanto, è finalmente giunto il momento di una recensione cui tengo molto.<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-7qrd13dmdnQ/V-_VsTPQ5cI/AAAAAAAABMM/inKEcFr7Eyw3SwbkaNHDJmyDRpclO5mTgCLcB/s1600/Foto%2B01-10-16%252C%2B14%2B46%2B40.jpg"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-7qrd13dmdnQ/V-_VsTPQ5cI/AAAAAAAABMM/inKEcFr7Eyw3SwbkaNHDJmyDRpclO5mTgCLcB/s320/Foto%2B01-10-16%252C%2B14%2B46%2B40.jpg" /></a></div>
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Lasciatemi fare una premessa: <u>io AMO Virginia Woolf</u>. La sua prosa encomiabile, la complessa costruzione psicologica dei suoi personaggi, la profondità delle sue osservazioni... È una di quelle autrici che hanno il potere di entrarti dentro e smuovere qualcosa di importante, di riempire ogni piccolo vuoto con l'intensità delle sue storie e delle sue parole. È senza dubbio una delle mie autrici preferite, nonostante abbia letto ancora molto poco di suo, e sono determinata a recuperare tutto ciò che mi manca nel più breve tempo possibile. Ma ora passiamo alla recensione :)<br />
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<blockquote class="tr_bq">
<i>Dio solo sa perché ci piace tanto, perché la vediamo così, ce la inventiamo, la fantastichiamo, la facciamo e disfacciamo ogni momento diversa; e così fanno anche le donne più disgraziate, gli uomini più miserabili, buttati su un marciapiede (inebetiti a forza di bere); e non ci sono atti del Parlamento che tengano, proprio per questa ragione, ne era sicura: perché anche loro amano la vita.</i></blockquote>
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La storia de<i> La signora Dalloway</i> si svolge nell'arco di poco meno di ventiquattrore che vanno dalla tarda mattinata, in cui l'omonima protagonista si reca ad acquistare i fiori per la sua festa, alla notte che farà da sfondo alla festa sopracitata riunendo in un unico luogo alcune tra le più importanti figure della borghesia inglese. Clarissa Dalloway, con la sua fredda bellezza, l'insensibilità nei confronti della povertà e il suo essere schiava della vanità e di pensieri effimeri, incarna alla perfezione il simbolo della ricchezza materiale e del profondo vuoto interiore di cui questa classe borghese si fa portatrice. Ma Clarissa nasconde anche un complesso mondo interiore, frutto di una passata malattia che non viene mai realmente approfondita, e che la trascina senza sosta dal provare un intenso amore per la vita al temerla al punto di sentirsi completamente inerme davanti alla sua imponenza.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>Attraversarono la strada, il signore e la signora Warren Smith, e dopo tutto, che c’era in loro che attirasse l’attenzione, tanto da fare sospettare a un passante che proprio quel giovane uomo portava dentro di sé il più grande messaggio del mondo, ed oltre a questo, era non solo l’uomo più felice del mondo, ma anche il più disperato?</i></blockquote>
<br />
Un solo personaggio sembra condividere il profondo disagio di Clarissa: si tratta di Septimus Warren Smith, un veterano della prima guerra mondiale che soffre di disturbi mentali. Septimus è di fatto l’unico personaggio della storia a non figurare tra le conoscenze di Clarissa e, di conseguenza, l’unico (insieme alla moglie) a non prendere parte alla sua festa; eppure le due figure sono molto più vicine di quanto possano immaginare ed è proprio nel comportamento di Septimus che sembrano prendere forma i pensieri di Clarissa.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
<i>Ebbe la curiosa impressione di essere invisibile; non vista; non conosciuta; e d’un tratto non ci furono più né matrimonio né figli, ma soltanto quella stupefacente, e piuttosto solenne processione insieme con tutti gli altri, su per Bond Street; e questo era essere la signora Dalloway, non più Clarissa, solo la signora Dalloway.</i></blockquote>
<br />
Ma il fascino di questo romanzo sta nei suoi veri protagonisti che, a mio parere, non sono i personaggi con le loro azioni bensì i loro pensieri, sentimenti e ricordi che si rincorrono per l’intera narrazione lasciando in secondo piano i fatti concreti. La ricerca dell’identità è uno dei temi portanti del romanzo che spinge i personaggi a interrogarsi sul loro passato e il loro futuro, sottolineando così il rischio dell’annullamento personale cui minaccia di portare l’affermarsi di una società frivola e materialista: dalle sue pagine traspare così una elevata paura per la perdita della propria identità, il timore di scomparire agli occhi del mondo e di diventare il banale surrogato di qualcun altro.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>Volubile, inquieto, il secondo orologio suonava sulla scia del Big Ben, col suo grembo ingombro di sciocchezze.</i></blockquote>
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Un altro tema fondamentale è il tempo che si impone all’interno della narrazione in due modi ben distinti. Da una parte, lo ritroviamo nella continua opposizione tra passato e presente, vita e morte, che forma una trama lungo la quale si snodano i vari personaggi, costantemente impegnati a ritornare con la mente al passato e farlo rivivere nel loro presente. Dall’altra, si manifesta con maestosità nei rintocchi delle campane del Big Ben che ne scandiscono l’incedere inesorabile e crudele, segno dell’avvicinarsi dell’ora della morte.<br />
<i><br /></i>
<blockquote>
<i>Anche l’amore distrugge. Tutto ciò che era bello, tutto ciò che era vero, finiva.</i></blockquote>
<br />
Quello che Virginia Woolf fa con questo romanzo è, a mio parere, qualcosa di straordinario che, se da un lato mette in luce il suo animo tormentato, dall’altro dimostra una profonda conoscenza dei meccanismi della mente umana. Nel fornire il complesso ritratto di una Londra che va via via perdendo il proprio senso di identità, Virginia si interroga sulle disastrose conseguenze di questo processo, e lo fa scandagliando l’animo umano fin nei suoi meandri più profondi e con un’intensità che non può certo lasciare indifferenti.<br />
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Per quanto possa sembrare un percorso anomalo, mi sono avvicinata a Virginia Woolf non attraverso le sue opere ma grazie al suo diario, in un periodo in cui mi interessava approfondire la letteratura diaristica. Il suo stile e l’intensità dei sentimenti che traspariva da quel testo mi hanno tuttavia immediatamente convinta di non trovarmi di fronte a un’autrice come tante ma a una donna che si faceva carico di molte più emozioni di quante il suo esile corpo ne potesse contenere, come testimonia del resto la sua tragica fine. Virginia Woolf è un torrente in piena, un pozzo che straripa di sentimenti, pensieri ed emozioni. <i>La signora Dalloway</i> riflette perfettamente questa sua personalità e i suoi tormenti interiori, portandoli alla luce nella magnifica forma di un romanzo breve ma intenso. Non conosco ancora le altre sue opere e non saprei come collocarlo al loro interno, ma ho amato questo libro, l’ho divorato e ha letteralmente assorbito la mia anima, per questo lo consiglio a tutti senza indugio, perché Virginia Woolf è un’autrice che semplicemente non può essere ignorata.<br />
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-90231426789969125332016-09-17T17:20:00.000+02:002016-09-17T17:34:39.100+02:00"Autobiografia di una femminista distratta" di Laura Lepetit<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-SKQFY9mCQGo/V91YwJYXsOI/AAAAAAAABL4/vac91wOpC7YD-WRbFGD-tPrIzS9qHGIcgCLcB/s1600/Foto%2B16-09-16%252C%2B18%2B05%2B20.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="267" src="https://2.bp.blogspot.com/-SKQFY9mCQGo/V91YwJYXsOI/AAAAAAAABL4/vac91wOpC7YD-WRbFGD-tPrIzS9qHGIcgCLcB/s320/Foto%2B16-09-16%252C%2B18%2B05%2B20.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Con una guest star d'eccezione ;)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
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<blockquote class="tr_bq">
<i>Davanti ai libri mi sento come un cane da tartufi. Li cerco col naso, ne sento l’odore, capto i segnali che mandano e batto il terreno con il muso tra i cespugli.</i></blockquote>
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Amo leggere le biografie: storie di vita vissuta di persone importanti, di persone interessanti, racconti di vittorie e sconfitte, di fallimenti superati e di successi ottenuti con il duro lavoro, il sacrificio e la passione. E ancora di più amo leggere le biografie di donne che si sono fatte strada nella vita, che strisciando e sgomitando sono riuscite ad aprirsi un varco in un mondo che per loro non è mai stato troppo facile e a lasciare in qualche modo il segno. Trovo che queste biografie – e in particolar modo le autobiografie – abbiano un doppio fascino e utilità: da una parte, avvicinarci a persone fisicamente o storicamente lontane, persone che ammiriamo e che rischiamo di cadere nell’errore di idealizzare, mostrandoci il loro lato più umano e allo stesso tempo sensazionale; dall’altra, esserci di ispirazione e suggerirci che in fondo, alla fine, possiamo farcela anche noi.</div>
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Ma chi è <b>Laura Lepetit</b>? Da sempre appassionata di letteratura dietro influenza della madre e del nonno, si laurea in Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano. Timida ma con le idee ben chiare, si trova, un po’ per caso e un po’ per gioco, a gestire con l’amica Anna Maria Gandini la libreria Milano Libri nella quale lavora nel decennio dal 1965 al 1975 e che diviene per lei fonte di esperienze e incontri stimolanti. Il primo contatto con il femminismo avviene molto presto, ma è solo dopo aver fatto la conoscenza della popolare femminista italiana Carla Lonzi che sceglie di farne un suo ideale. Nel 1975 Laura Lepetit fonda la casa editrice <b>La tartaruga</b> che si farà conoscere per il suo vasto repertorio di pubblicazioni tutte al femminile con autrici del calibro di Virginia Woolf e Alice Munro (entrambe troveranno presto spazio anche su questo blog!). Oggi La tartaruga non esiste più, poiché venne ceduta nel 1997 alla Baldini & Castoldi, ma il contributo che ha dato alla diffusione della letteratura femminile in Italia è e rimane indelebile.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Nei segni sul viso delle persone mature si legge tutta la loro vita. È come se il viso fosse una tela bianca e gli anni ci lasciassero sopra le loro tracce. Si può leggere se una vita è stata felice, se i desideri sono stati soddisfatti, se non restano rancori, si può leggere la rassegnazione, si possono leggere anche messaggi contraddittori, è molto interessante ed è un vero peccato cancellare tutto con la chirurgia e il botox.</i></blockquote>
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In <i>Autobiografia di una femminista distratta</i> la Lepetit racconta la sua storia attraverso una serie di brevi capitoli che racchiudono episodi importanti della sua vita, ma anche riflessioni e pensieri sparsi, raccolti insieme in modo – per l’appunto – un po’ distratto. È così che si passa da questioni femministe, alle ragioni che l’hanno spinta ad aprire la sua casa editrice, a interrogarsi su cosa pensano i gatti fino a reminiscenze di quando era bambina, il tutto raccontato con un linguaggio piacevolmente semplice e sincero. L’impressione che si ha leggendo questo libro è quella di sedere sul terrazzo di una bella casa di campagna con la propria nonna e, mentre si ammira la natura verdeggiante cullate da una leggera brezza in un sereno pomeriggio di primavera, ascoltare il racconto della sua vita.</div>
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L’amore che la Lepetit nutre per i libri e le sue autrici emerge a più riprese nel corso del testo: a volte si tratta di libri che ha pubblicato con la sua casa editrice, altre di letture che l’hanno particolarmente colpita, altre ancora finisce con l’associare determinate persone o situazioni alle storie raccontate nelle sue letture o ai loro personaggi. Incontrare il libro giusto al momento giusto è un fatto fondamentale e necessario, afferma, ed è chiaro come ciò sia particolarmente vero nel suo caso, quello di una vita vissuta con e per i libri.</div>
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<i><br /></i><i>Parlare di sé, raccontare sensazioni, confrontare esperienze senza riguardo a età, classe o condizione sociale. L’essere donna formava il substrato comune, rivelava più somiglianze che differenze, più sorprese che luoghi comuni. Era la prima volta che le donne si parlavano direttamente, senza la maschera che il patriarcato le aveva costrette a indossare.</i></blockquote>
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Un altro grande amore della Lepetit, oltre ai libri, è senza dubbio il femminismo. Il rapporto dell’autrice con questo movimento, tuttavia, non è sempre stato idilliaco – si trattava di un concetto ancora sconosciuto che si faceva strada in Italia proprio in quegli anni e che alle stesse donne appariva ancora estraneo – e prima di condividerne gli ideali, prima di farne la sua bandiera e forza motrice ha dovuto conoscerlo e comprenderlo più a fondo. Determinante in questo senso è stato l’incontro con Carla Lonzi che, confessa la Lepetit, ha cambiato la sua vita. Con Carla e il gruppo <b>Rivolta Femminile</b> la Lepetit instaurerà un rapporto solido e duraturo facendo propri slogan del Manifesto del gruppo quali “L<i>a donna è stufa di allevare un figlio che le diventerà un cattivo amante</i>” e aprendo il cuore e la mente a una ideologia che man mano scoprirà riguardarla molto più da vicino di quanto potesse immaginare. Grazie alle influenze di Rivolta Femminile prima e del circolo culturale tutto al femminile del Cicip poi, Laura Lepetit diventerà così un’importante esponente del femminismo italiano e, decisa a dar voce alle donne di tutto il mondo, giungerà finalmente ad aprire la sua casa editrice, frutto e fonte di tanto lavoro e infinite soddisfazioni.</div>
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Se descrivessi <i>Autobiografia di una femminista distratta</i> come un’opera sensazionale ed estremamente illuminante mentirei, almeno per quanto mi riguarda. Nel suo essere un lavoro di enorme importanza per la sua autrice da una parte, e un pezzo di storia del femminismo in Italia raccontato con modestia e un pizzico di nostalgia dall’altra, si presenta al lettore come il "semplice" racconto della vita di una donna che ha saputo portare avanti i propri ideali, una di quelle storie che un giorno forse potremo raccontarci con le nostre amiche sedute davanti a un buon caffè. Come ho già detto, l’impressione che ho avuto leggendola è stato quello di una chiacchierata con la nonna che decide di rivelare il suo passato: una storia probabilmente più importante per chi la racconta che per chi la legge, ma pur sempre degna di essere raccontata e assolutamente gradevole da ascoltare.</div>
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In chiusura approfitto di questo post per comunicarvi che la prossima settimana sarò a Torino e non ci saranno aggiornamenti del blog. Tornerò più attiva che mai dopo il 26. A presto! ;) </div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-14682437915581493612016-09-09T12:34:00.000+02:002017-05-20T17:44:25.832+02:00"La nave per Kobe" di Dacia Maraini<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Qw5j3fpnjL8/V9KLYzyRm2I/AAAAAAAABLk/MgoVBBSIO_QN7HxiYqb4ficlp1L54VcbQCLcB/s1600/Foto%2B09-09-16%252C%2B12%2B08%2B24.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-Qw5j3fpnjL8/V9KLYzyRm2I/AAAAAAAABLk/MgoVBBSIO_QN7HxiYqb4ficlp1L54VcbQCLcB/s320/Foto%2B09-09-16%252C%2B12%2B08%2B24.jpg" width="320" /></a></div>
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Wow, mi sembra un’eternità che non scrivo una recensione. E in effetti, tra impegni di vario genere e altri argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e di cui volevo parlare, è trascorso quasi un mese senza una singola recensione. Ovviamente le letture non si sono fermate – anche se sono avanzate un po’ a rilento – ma oggi sono finalmente qui per recensire un libro che ho letto un po’ di tempo fa e che ancora non avevo trovato le parole per commentare (e non sono certa di averle adesso).</div>
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Parlare di <i>La nave per Kobe</i> non è facile per me. Qualunque cosa dica, per quanto possa sforzarmi di trovare il giusto equilibrio tra analisi e discrezione, mi sembrerà sempre di non aver detto abbastanza e allo stesso tempo di essermi spinta troppo oltre, di aver varcato il confine di una dimensione personale e interiore cui non dovrei nemmeno avvicinarmi. Scrivere di questo libro mi fa sentire come un’intrusa, mi da la scomoda sensazione di mancare di rispetto alla sua autrice, come se stessi leggendo il suo diario segreto. Eppure la storia è lì, alla libera portata di tutti, bramosa di raggiungere il lettore.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Il primo sapore che ho conosciuto, e di cui conservo la memoria, è il sapore del viaggio. Un gusto di bagagli appena aperti: naftalina, lucido da scarpe e quel profumo che impregnava i vestiti di mia madre in cui affondavo la faccia con delizia. </i></blockquote>
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Ammetto che quando ho acquistato <i>La nave per Kobe</i> mi aspettavo un testo completamente diverso: una sorta di rivisitazione della sua esperienza giapponese attraverso i diari di sua madre. Ma del Giappone, i diari di Topazia, raccontano ben poco. Si tratta prevalentemente di brevi annotazioni sulle attività e lo stato di salute di Dacia e delle sue sorelle, vaghi riferimenti ad avvenimenti accaduti qua e là nel corso dei loro viaggi ma senza approfondimento alcuno.</div>
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Mi è piaciuto, sia chiaro. Mi è piaciuto fin troppo. Forse perché mi ha fatto scoprire un’autrice – che finora conoscevo soltanto di fama – il cui stile inconfondibile ha saputo deliziare il mio occhio di lettrice amante dei classici e delle belle parole, o forse perché la sua profondità e il suo valore intimistico hanno fatto abilmente leva sulle mie corde emotive. </div>
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Paradossalmente penso che questo scritto possa essere per certi versi associato al genere giapponese dello <i>zuihitsu</i> – una raccolta di pensieri e riflessioni messe giù liberamente, come passano per la mente dell’autore – cui ho già accennato in <a href="http://bibliotecaalfemminile.blogspot.it/2016/08/top-three-tuesday-3.html">un precedente post</a>. Quello che fa la Maraini è infatti riportare qua e là le annotazioni di sua madre per poi ricamarci tutto intorno, costruire una solida e al contempo fragile tela, una rete di ricordi, pensieri, sentimenti, riflessioni, opinioni che si incontrano, si rincorrono, si fondono insieme accompagnando il lettore in un timido viaggio dentro se stessa.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Non sarà che il tempo è un’idea che ci facciamo di qualcosa che non c’è? Una astrazione arbitraria che costruiamo a nostra immagine e somiglianza e a cui diamo dei nomi di fantasia proprio nel tentativo disperato di trattenerlo, di dargli una forma?</i></blockquote>
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In <i>La nave per Kobe</i>, la Maraini ritorna con la mente a diversi episodi del suo passato – i più piacevoli, come i divertimenti a volte un po’ incoscienti con l’amato padre, ma anche i più spiacevoli, dalla morte della sorella alla guerra vissuta in un campo di concentramento in Giappone – rivive quei momenti con una vena di malinconia e ripercorre i suoi pensieri più intimi. Attraverso questa esperienza l’autrice scopre un mezzo per esplorare se stessa e il suo rapporto con i membri della sua famiglia, amici e amanti. Ma coglie l’occasione anche per riflettere su questioni vicine e lontane, per dare una forma tangibile alle sue credenze e ai suoi ideali, interrogandosi – di tanto in tanto – in merito a questioni più elevate, domande che non hanno una risposta e che continuano ad abitare la sua mente.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Cos’è la diversità, poi, un sentimento? Una parete di carne? Un intruglio di odori riconoscibili? Non lo so nemmeno oggi.</i></blockquote>
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Un tema che sta particolarmente a cuore all’autrice è senza dubbio quello della questione femminile, argomento che riprende più volte anche nel corso di quest’opera. Diversi sono gli avvenimenti che offrono alla Maraini l’occasione per tornare su questo tema, osservarne le dinamiche, interpretarle e proporre la sua analisi e le sue riflessioni. La sua è una aperta denuncia alla società, a ogni tipo di società, di qualunque parte del mondo, perché – afferma – in alcuni paesi le castrazioni sono fisiche, in altri simboliche.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Quale costrizione è più efficace di quella che si attua con il consenso e la sanzione dell’interessata? Essa non solo accetta il suo asservimento ma partecipa alla diffusione e al mantenimento dell’ideologia che lo consacra e lo idealizza, considerandolo parte naturale della sua sorte. Questo è stato fatto alle donne: ed è il delitto più grande. Rese conniventi della propria servitù e trasformate in guardiane ossequienti delle regole che imporranno poi alle figlie, alle nipoti.</i></blockquote>
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Un’ultima cosa, infine, traspare dalle pagine di questo libro, ed è l’immenso amore che la sua autrice nutre per la letteratura. Dacia Maraini – dice – è cresciuta con i libri, ha vissuto con i libri e – penso che tutti lo possiamo confermare – vive di e per i libri. E proprio questi libri ritornano ciclicamente nel corso dell’opera sotto forma di citazioni, ricordi d’infanzia e riflessioni. Che i libri che ha letto nella sua vita, soprattutto le avventure di viaggi che tanto amava nella sua infanzia, siano stati i capisaldi della sua esistenza e formazione è indubbio, ma la nostalgia e l’entusiasmo con cui ne parla li presentano come delle vere e proprie gemme in un’esistenza, quella di Dacia, che già di per sé ha dell’avventuroso. Se non fossi già un’amante della lettura, sono certa che la Maraini, attraverso le parole che riserva alle sue letture, mi ci avrebbe fatta diventare. </div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>I paesi, ne sono convinta, si conoscono soprattutto attraverso i romanzi. Che ti portano passin passino dentro stanze e corridoi segreti di case lontane, in città sconosciute. Ti mettono in bocca sapori di minestre mai assaggiate, ti fanno toccare con la mano il rotondo dei muscoli di corpi amici e nemici, ti deliziano con il canto di una balia o con la mollezza sensuale di un riposo pomeridiano.</i></blockquote>
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<i>La nave per Kobe</i> è una lettura intima e personale, forse perfino troppo. Uno scritto così naturale, così sincero, da appassionare e spaventare allo stesso tempo. E’ normale? E' giusto aprirsi fino a questo punto? Me lo sono chiesta più volte, quasi esitante, eppure ciò non ha saputo trattenermi dal divorarne letteralmente le pagine. <i>La nave per Kobe</i> non è un romanzo, non è nemmeno un diario, e probabilmente non è neppure l’opera ideale da cui iniziare per conoscere il lavoro della sua autrice. Nondimeno, è un libro che ho amato sinceramente e che mi ha fatto invaghire dello stile della Maraini tanto da convincermi ad approfondire e conoscere la sua bibliografia.</div>
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E voi, avete mai letto nulla di Dacia Maraini? Se avete opinioni, consigli e suggerimenti sono sempre ben accetti ;)</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-75948469021876268752016-08-28T15:59:00.000+02:002017-03-30T16:06:58.953+02:00Burkini sì? Burkini no?<div style="text-align: justify;">
Oggi su <i>Biblioteca al femminile</i> – che pur ponendosi prevalentemente come blog letterario è uno spazio che mira a occuparsi della donna a tutto tondo – non si parlerà di letteratura, bensì di un argomento piuttosto scottante che in quest’ultimo mese ha invaso media e social network, come possiamo per esempio vedere <a href="http://www.repubblica.it/esteri/2016/08/12/news/francia_burkini_vietato_in_spiaggia_polemiche_per_l_ordinanza_di_cannes_e_villeneuve-loubet-145860427/">qui</a> e <a href="http://www.ilgiornale.it/news/cronache/burkini-ora-turiste-islamiche-arrivano-liguria-1298496.html">qui</a>, facendo molto parlare di sé e arrivando a toccare <a href="http://www.theverge.com/2016/8/25/12637964/france-burkini-ban-photo-nice-social-media">vertici abissali di ridicolaggine</a>. </div>
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-9ur8CqSQUjo/V8Cde6GUffI/AAAAAAAABJE/we8F6heLD0Q8M8Xi4EhginRPpujHX6AoACLcB/s1600/105554959_Mandatory_Credit_Photo_by_REX-Shutterstock_672445a__The_Burqini_Swimsuit_a_revolution-large_trans%252B%252BmZxOu8v4Byvxg8afr28tjIDMo4surFQ6NpCQ5uQgd-A.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-9ur8CqSQUjo/V8Cde6GUffI/AAAAAAAABJE/we8F6heLD0Q8M8Xi4EhginRPpujHX6AoACLcB/s320/105554959_Mandatory_Credit_Photo_by_REX-Shutterstock_672445a__The_Burqini_Swimsuit_a_revolution-large_trans%252B%252BmZxOu8v4Byvxg8afr28tjIDMo4surFQ6NpCQ5uQgd-A.jpg" width="320" /></a></div>
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Ora sembra che il Consiglio di stato francese abbia finalmente <a href="http://www.tpi.it/mondo/francia/consiglio-di-stato-francese-sospende-divieto-burkini">dichiarato illegale</a> il provvedimento, ma l’improvviso divieto istituito da alcuni comuni francesi di presentarsi in spiaggia indossando il <i>burkini</i> merita di essere ancora discusso e non dimenticato tanto facilmente. Il veto imposto alla tenuta da spiaggia delle donne musulmane non è infatti una questione da sottovalutare, anche in merito alle numerose polemiche scatenate da parte degli appartenenti a due fondamentali correnti idealistiche. Da una parte, i nuovi sostenitori improvvisati dell’emancipazione femminile (che probabilmente fino al giorno prima – e forse tuttora – sostenevano con fermezza la teoria arcaica dell’uomo lavoratore e della donna regina del focolare) che accusano il <i>burkini</i> di essere, così come il velo, simbolo della sottomissione della donna nei paesi di religione islamica e si dichiarano assolutamente favorevoli a questa scelta che, ai loro occhi, appare come un primo passo verso l’indipendenza femminile e la liberazione dalla minaccia islamica. Dall’altra parte, coloro che in nome della loro “mentalità aperta” e dei loro (lodevoli, per carità) ideali di pace e amore e “siamo tutti belli e ci vogliamo tutti bene” condannano duramente la scelta perché, islamofoba e irrispettosa di tutto ciò che è diverso, vieta a queste donne di scegliere il proprio abbigliamento e manifestare liberamente la propria cultura e religione.</div>
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Diciamo che, in linea di massima, la mia opinione è decisamente più in linea con quella dei novelli figli dei fiori piuttosto che dei nuovi paladini della laicità dello Stato (che però diventa improvvisamente cattolico quando si parla di togliere i crocifissi dalle aule) e di una discutibile indipendenza femminile; tuttavia, ritengo che entrambe le fazioni sottovalutino alcuni elementi essenziali che fanno capo all’intera vicenda. Il divieto del <i>burkini </i>solleva infatti due questioni molto importanti: da una parte, il problema dell’effettivo livello di indipendenza in un’ipotetica libera scelta e, dall’altra, lo scontro fra sistemi di valori e la cosiddetta “legge del più forte”.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-3ZmAZPhDbVo/V8CdgUpnb5I/AAAAAAAABJQ/xibIROTEdUMLHolj-v8PkNn_BnRIVyVxgCEw/s1600/burkini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://3.bp.blogspot.com/-3ZmAZPhDbVo/V8CdgUpnb5I/AAAAAAAABJQ/xibIROTEdUMLHolj-v8PkNn_BnRIVyVxgCEw/s320/burkini.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ecco in cosa consiste il burkini.</td></tr>
</tbody></table>
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Personalmente rifiuto ogni forma di umiltà e sottomissione all’uomo – di cui mi ritengo un individuo alla pari – e a maggior ragione, in qualità di atea quale mi considero, a un dio che non ho mai visto in volto. Tuttavia, rispetto la libertà di culto e di scelta e penso che chiunque sia libero di scegliere in cosa credere e cosa fare del proprio corpo.</div>
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È ormai risaputo che per molte donne di religione islamica quella di indossare il velo (e con esso il <i>burkini</i>) rappresenta a tutti gli effetti una scelta – anche se si incontrano opinioni divergenti fra chi parla di libertà di scelta, chi considera il velo indispensabile per manifestare la propria devozione a Dio, e il sito <a href="http://www.islamitalia.it/religione/hijab.html">Islamitalia</a> che sostiene che in realtà il Corano non menzioni la necessità per una donna di coprirsi il volto o i capelli e che il velo fosse semplicemente un indumento di uso comune allo scopo di distinguere le nobildonne dalle schiave ancora prima della stesura del testo sacro e sia stato in seguito strumentalizzato (se non addirittura portato all’eccesso nella forma del <i>niqab</i> e del <i>burqa</i>) da fondamentalismi più o meno radicati e da una società di forte stampo patriarcale. Ad ogni modo, anche se la maggior parte delle musulmane nel mondo gode della libertà di scelta, sappiamo come purtroppo numerose altre donne siano costrette dai loro mariti o, peggio ancora, dalla legge a nascondersi sotto veli sempre più pesanti – come testimonia <a href="http://www.huffingtonpost.it/2016/08/03/uomini-contro-velo-islamico-campagna-social_n_11312420.html">questa interessantissima campagna</a> nata in Iran in cui i mariti hanno scelto di indossare il velo per protesta a sostegno delle proprie mogli. La questione però è: <b>sappiamo se le donne che incontriamo ogni giorno per strada indossano quel velo per scelta o per costrizione?</b> <b>E soprattutto, anche nel caso di scelta, fino a che punto può essere considerata effettivamente tale e non frutto di un tacito condizionamento sociale?</b></div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-Vn4mfqKhLQA/V8Ci_2uMarI/AAAAAAAABJg/361OrHRbKJAyfGBZImXpoiMrp3ObExIsgCLcB/s1600/slide_332946_3313366_free.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="191" src="https://4.bp.blogspot.com/-Vn4mfqKhLQA/V8Ci_2uMarI/AAAAAAAABJg/361OrHRbKJAyfGBZImXpoiMrp3ObExIsgCLcB/s320/slide_332946_3313366_free.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una panoramica delle diverse tipologie di velo e di quali sono considerate più appropriate in alcuni dei più importanti paesi di religione islamica.</td></tr>
</tbody></table>
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Per intenderci, penso che una donna che sceglie di indossare il velo (o, in questo caso, il <i>burkini</i> – fermo restando che una persona, per i più diversi motivi, può benissimo desiderare di andare a farsi un giro al mare senza mostrare a tutti le sue grazie) non sia in nulla diversa da una ragazza italiana di provincia che sceglie di sposarsi giovane e figliare come non ci fosse un domani senza aspirare a una determinata carriera lavorativa e che critica la tua scelta di non avere figli perché “non sai cosa vuol dire”, o da una ragazza giapponese che – dopo aver dato alla luce dei figli – si eclissa dal mondo del lavoro per dedicarsi anima e corpo alla cura della casa e della famiglia. Ognuna di queste donne ha scelto da sé la propria vita, lo ha fatto consenzientemente e ne è felice, e probabilmente nessuno le avrebbe mai impedito di compiere una scelta diversa. <b>Eppure possiamo davvero dire che si tratti di una scelta libera da ogni sorta di condizionamento?</b> Per alcune probabilmente sì, ma molte altre avranno agito in quel modo perché è quello che fanno tutte, perché così sono state educate, perché avevano paura di deludere le aspettative di qualcuno, o semplicemente perché non conoscono un’alternativa e questa è l’unica possibilità concreta che si presenta ai loro occhi. <b>Una scelta libera non sarà mai completamente tale finché esisterà un modello da seguire ed è evidente come ancora oggi – e non solo nei paesi a prevalenza islamica – non si sia riusciti a liberarsi completamente da quello storicamente imposto alle donne.</b> Tuttavia, per quanto libera o inconsciamente condizionata, una scelta rimane pur sempre tale e finché rappresenterà una fonte di piacere e serenità per la persona che la compie merita di essere rispettata.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-9r_XAqSXYO8/V8CdfYbkZzI/AAAAAAAABJY/Kyp8-dxKMEM129RxsgVc015tTxkqAYiUwCEw/s1600/17300-waxlcz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="306" src="https://2.bp.blogspot.com/-9r_XAqSXYO8/V8CdfYbkZzI/AAAAAAAABJY/Kyp8-dxKMEM129RxsgVc015tTxkqAYiUwCEw/s320/17300-waxlcz.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Non vedo nessuna differenza...</td></tr>
</tbody></table>
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A questo punto entra dunque in gioco la seconda grande questione sollevata dal veto posto al burkini sulle spiagge francesi: <b>è corretto proibirne l’utilizzo? La risposta è semplice: no. </b></div>
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Sia che si tratti di una scelta che di una imposizione, porre alle donne musulmane un divieto sull’utilizzo di un indumento (finché rientra nelle norme di legge e lascia scoperto il volto) è sbagliato. Nel primo caso, perché si impedirebbe a queste donne di esercitare il proprio diritto di libertà di scelta sulla base di tutta una serie di preconcetti frutto di una società non meno patriarcale di quella che si tende ad accusare e che vede la donna come una figura debole e incapace di scegliere ciò che è meglio per sé, e di pregiudizi di natura razzista che condannano senza mezzi termini un’azione non in linea con il proprio sistema di valori. Nel secondo caso, perché la norma non faciliterebbe affatto la vita delle presunte vittime, finendo piuttosto con l’isolarle ancora di più e ostacolarne ogni forma di integrazione. La legge dell’occhio per occhio dente per dente non ha mai portato a grandi risultati e rispondere a una presunta imposizione con un’altra imposizione nella direzione contraria non è certo la soluzione ma casomai un’aggravante che rischia di alimentare incomprensioni e rivalità, e che anziché punire l’oppressore si scaglia ancora una volta contro la sua vittima.</div>
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Vietare il <i>burkini</i> in spiaggia non è quindi la soluzione al problema della sottomissione femminile ma soltanto un modo per arginarlo, per nasconderlo ai nostri occhi illudendoci e compiacendoci di averlo risolto, in nome della nostra ormai storica “superiorità di occidentali che abbiamo a tutti da insegnare”. Ma prima di continuare ad andare in giro per il mondo a pretendere di educare e “civilizzare” ogni cultura straniera e “arretrata” – la storia non insegnerà MAI nulla all’essere umano – dovremmo fermaci un attimo a pensare e cercare di capire (non dovrebbe essere nemmeno così difficile) che <u>laddove si vada a ledere la libertà di scelta ed espressione di un individuo si commette SEMPRE un gravissimo errore nei confronti dell’umanità</u>, nonché un reato ai sensi delle nostre tanto decantate Costituzioni. <b>E allora perché non provare a capire cosa queste donne veramente vogliono? Perché, anziché vietare loro ciò che dall’altra parte viene loro imposto, finendo così con l’agire nello stesso identico modo dei loro presunti oppressori, non impegnarci a costruire una società dove possano veramente essere libere di scegliere?</b> “Ma è difficile.” “Ma non è facile capire cosa vogliono.” “Ma a noi non danno le stesse risposte che danno ai loro mariti.” No, queste NON sono le risposte. Tutto quello che vale la pena fare è difficile (cit.), ma proprio perché è importante, proprio perché ne vale la pena, non possiamo liquidarlo con un semplice “ma è difficile”.</div>
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-uimVa7-jxJ0/V8Cdfrj6KwI/AAAAAAAABJY/MJ-NdlphNe4DT7dt3zFiTQFnd33MW1_FgCEw/s1600/burkini-bikini-donna-scelta.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-uimVa7-jxJ0/V8Cdfrj6KwI/AAAAAAAABJY/MJ-NdlphNe4DT7dt3zFiTQFnd33MW1_FgCEw/s320/burkini-bikini-donna-scelta.png" width="251" /></a></div>
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E allora qual è il problema? Il problema è che come sempre predichiamo bene e razzoliamo male. Il problema è che anche nel nostro evoluto occidente, ancora oggi, l’uomo e la società si sentono in diritto di esercitare il controllo sulla vita di una donna. Il problema è che quello che pretendiamo di insegnare agli altri è qualcosa che nemmeno noi siamo ancora riusciti a imparare. Non illudiamoci, come vogliono farci credere, di aver conquistato la parità fra i sessi, perché purtroppo la strada per riuscirci è ancora lunga. <b>Non crediamo a quelli che ci dicono che “non abbiamo bisogno del femminismo”, perché il solo fatto che lo temano così tanto è la prova che dobbiamo ancora lottare in suo favore.</b></div>
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Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-64686880990651036812016-08-24T16:10:00.001+02:002016-08-24T16:10:48.338+02:00#PrayforItaly<div style="text-align: justify;">
Per oggi avevo in programma un post che mi sta molto a cuore, ma al risveglio ho trovato una bruttissima notizia di cui immagino tutti sarete al corrente. Io abito nel freddo e umido nord e non ho avuto alcuna percezione del terremoto ma continuare a leggere notizie <a href="http://www.repubblica.it/cronaca/2016/08/24/news/sisma_del_6_4_nella_notte_vicino_perugia_avvertito_in_tutto_il_centro_italia-146516780/?refresh_ce">come questa</a> che si aggravano di ora in ora mi spezza il cuore.</div>
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Vorrei chiedere perché. Ma so che è inutile. Siamo solo uomini e siamo totalmente inermi difronte alla forza prorompente della natura. Non possiamo contrastarla, solo provare a resisterle. Disperarci anche, perché fa troppo male. E poi rialzarci, con il cuore a pezzi, e ricostruire ciò che ci ha così barbaramente portato via, e aiutarci più che possiamo perché l'amore, il coraggio e la solidarietà sono tutto ciò che ci rimane e tutto ciò di cui abbiamo bisogno per andare avanti.</div>
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Non sono brava con le parole in questi casi, non so mai cosa dire, ma sono vicina a tutti coloro che sono stati colpiti da questa terribile tragedia. Non credo in un dio, ma prego la terra perché possa concedere una tregua a tutte queste persone e perché dalle macerie che ha causato possano non emergere più vittime.</div>
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Sarà dura, ma la forza arriverà ♥︎</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-88673841837023598762016-08-19T13:52:00.000+02:002017-05-20T17:44:45.684+02:00"The White Queen" di Philippa Gregory<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-rLJD9fFRpHo/V7XVJti_xGI/AAAAAAAABHE/cB7t9jg-MEopeOkEc3LoHpeEhWtAWSxMgCLcB/s1600/Foto%2B17-08-16%252C%2B17%2B18%2B10%2B%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-rLJD9fFRpHo/V7XVJti_xGI/AAAAAAAABHE/cB7t9jg-MEopeOkEc3LoHpeEhWtAWSxMgCLcB/s320/Foto%2B17-08-16%252C%2B17%2B18%2B10%2B%25281%2529.jpg" width="320" /></a></div>
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Un genere letterario che ho recentemente imparato ad apprezzare è senza dubbio la fiction storica, in particolare se dedicata alle storie di famose e intriganti regine del passato. (Ok, diciamo pure che ultimamente è diventata un po’ un’ossessione che mi ha portata a riempire la mia libreria di nomi quali Philippa Gregory, Alison Weir e Kate Quinn)</div>
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Philippa Gregory, in particolare, è un’autrice che conta numerosi consensi ma altresì altrettanti dissensi fra le file dei lettori e questo per la sua tendenza a manipolare la storia, a non attenersi rigidamente alla verità storica dei fatti ma a condirli con leggende e la narrazione in prima persona delle sue numerose eroine. Quest’ultimo fattore in particolare ha la caratteristica di dar voce alle donne del passato, di mostrarci gli avvenimenti, e le terribili ingiustizie subite, attraverso i loro occhi, arricchendo la narrazione di una chiara impronta femminista. Personalmente, adoro lo stile e la prosa della Gregory e trovo la sua scelta narrativa oltremodo interessante: da una parte, perché permette al lettore di immedesimarsi nelle sue protagoniste e nella vita cui erano condannate in un’epoca in cui il femminismo, di certo, non esisteva ancora e le donne non erano considerate che uno strumento di potere da far fruttare attraverso i matrimoni per dar vita a succose alleanze; dall’altra, perché sebbene le sue storie siano condite da un’impronta decisamente di fiction la ricerca storica alla base è senza dubbio molto approfondita e non vedo nulla di sbagliato nell’aggiungere elementi di fantasia a un’opera che è sì storica, ma è anche e soprattutto fiction.</div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-u_Sih3G1Cco/V7XZdy7UokI/AAAAAAAABHk/bBCtJsgGY3ccf05wF6kARg6vqhSsNrcbgCLcB/s1600/white-queen-tv-series1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="179" src="https://1.bp.blogspot.com/-u_Sih3G1Cco/V7XZdy7UokI/AAAAAAAABHk/bBCtJsgGY3ccf05wF6kARg6vqhSsNrcbgCLcB/s320/white-queen-tv-series1.jpg" width="320" /></a></div>
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Passando all’opera in questione, <i>The White Queen</i> è il primo volume della serie intitolata <i>The Cousins’ War</i> e dedicata alle donne della <b>Guerra delle due rose</b> che vede protagonisti gli scontri fra le famiglie rivali dei Plantageneti nell’Inghilterra del XV secolo: gli York e i Lancaster.</div>
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<i>The White Queen</i>, in particolare, narra la storia di <b>Elizabeth Woodville</b> – madre dei tristemente noti Principi della torre e futura nonna materna del forse più celebre Enrico VIII – una giovane donna che, alla morte del marito sostenitore dei Lancaster, grazie alla sua bellezza, forza d’animo e determinazione riesce a diventare moglie di Edoardo IV di York e Regina d’Inghilterra. Non sa però che mantenere la sua posizione e proteggere la sua famiglia le costerà immenso dolore e un grande coraggio. Tra omicidi, insidie e tradimenti, Elizabeth, donna e madre prima ancora che regina, si ritroverà tutta sola a combattere per i propri diritti e la difesa dei suoi figli.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AqC28sxsAA4/V7XajsQCveI/AAAAAAAABHs/bKuScpjbzWE9ybinEBqn7S9u9MALb-V0wCLcB/s1600/ElizabethWoodville.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-AqC28sxsAA4/V7XajsQCveI/AAAAAAAABHs/bKuScpjbzWE9ybinEBqn7S9u9MALb-V0wCLcB/s320/ElizabethWoodville.JPG" width="263" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un ritratto di Elizabeth Woodville</td></tr>
</tbody></table>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>There is a part of me, young woman that I am, that wants to run inside and fling myself on my bed and cry myself to sleep. But I don’t do that. I am not one of my sisters, who laugh easily and cry easily. They are girls to whom things happen; and they take it hard. But I bear myself as more than a silly girl. I am the daughter of a water goddess. I am a woman with water in her veins and power in her breeding. I am a woman who makes things happen: and I am not defeated yet. I am not defeated by a boy with a newly won crown, and no man will ever walk away from me certain that he won’t walk back.</i></blockquote>
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La narrazione ripercorre tutta la storia di Elizabeth dal suo incontro con Edoardo IV al leggendario (e profondamente romanzato) incidente dei Principi della torre e all’imminente prospettiva di matrimonio tra la figlia Elizabeth ed Enrico VII, figlio della rivale Margaret Beaufort ed erede dei Lancaster. La Elizabeth Woodville descritta da Philippa Gregory non è una regina perfetta e infallibile ma come ogni essere umano ha le sue debolezze e commette i suoi errori: il suo personaggio è portato in scena prima di tutto come una donna e una madre, non una regina, e ogni sua azione è mossa o fortemente influenzata – ma non per questo giustificata – dall’amore che nutre per i suoi figli. Certo, trattandosi di avvenimenti realmente accaduti il libro lascia ben poco spazio a eventuali sorprese, nondimeno la splendida prosa della Gregory riesce a trasportare il lettore tra le pagine, a coinvolgerlo nelle vicende della sua protagonista, a commuoverlo ed emozionarlo, a fargli rivivere la nota storia come se la stesse leggendo per la prima volta. Questo grazie anche alla magistrale caratterizzazione che l’autrice fa della sua protagonista e al continuo parallelismo con <b>Melusina</b>, creatura leggendaria – per la precisione, una fata dell’acqua dal corpo di donna ma con la coda di pesce o di serpente – che sposa un umano a patto che le permetta una volta a settimana di rimanere da sola senza essere vista. L’uomo infrange il tabù spiando la donna e rimane disgustato dalla sua vera natura. Questa sua bravata condannerà egli alla rovina e Melusina a rimanere una sirena per sempre.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-uTDXEE_OeF4/V7XX-5yBI8I/AAAAAAAABHU/nP6LOZSvaC4ZEX3_3Q0dtKPDGgWNxv4jgCEw/s1600/800px-JuliusHubner_Melusine.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="210" src="https://3.bp.blogspot.com/-uTDXEE_OeF4/V7XX-5yBI8I/AAAAAAAABHU/nP6LOZSvaC4ZEX3_3Q0dtKPDGgWNxv4jgCEw/s320/800px-JuliusHubner_Melusine.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una rappresentazione della leggenda di Melusina a opera di Julius Hubner</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La leggenda della dea Melusina, storicamente legata alla famiglia di Elizabeth, prosegue in parallelo alle vicende della protagonista, legandosi e intrecciandosi al loro svolgersi e donando alla narrazione un’atmosfera al contempo drammatica e fiabesca. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>She is not a boy though she is weak like a boy, nor a fool though he has seen her tremble with feeling like a fool. She is not a villain in her capacity to hold a grudge, nor a saint in her flashes of generosity. She is not any of these male qualities. She is a woman. A thing quite different to a man. What he saw was a half-fish, but what frightened him to his soul was the being which was a woman.</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
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Trovo che le donne della storia siano troppo spesso dimenticate in favore degli uomini che hanno fatto la guerra e, con questa, conquistato nuovi territori e difeso i loro regni. Ma sedere fra le mura domestiche, circondate dall’amore dei propri figli mentre i mariti sono sul campo di battaglia, spesso richiede molto più coraggio che prendere in mano una spada e lanciarsi all’attacco: è il coraggio di sopravvivere, di difendere la propria famiglia, di non lasciarsi schiacciare da chi sarà sempre lì, immediatamente pronto a volgere la situazione a proprio favore. Troppo spesso ci dimentichiamo che la forza non è solo quella fisica e che molto spesso la forza psicologica richiede molto più coraggio. Philippa Gregory, attraverso i suoi romanzi, fa proprio questo: concede il dovuto spazio alle donne “dimenticate” della storia, porta in primo piano le loro personali battaglie e dona loro lo spazio che meritano.</div>
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<i>The White Queen</i> è un ottimo esempio di questo intento da parte dell'autrice e, molto probabilmente, Elizabeth Woodville è una delle protagoniste più affascinanti e interessanti che potesse scegliere per dare inizio a una saga che fin dall’inizio sembra promettere molto bene. Personalmente ho adorato questo libro e la storia della Regina Bianca continua ad appassionarmi anche dopo averlo riposto sulla libreria: una donna che da semplice popolana è riuscita a salire al trono d’Inghilterra e che, quando le è stato strappato con il tradimento, ha lottato con ogni mezzo in suo possesso per proteggere i suoi figli ma senza mai rinunciare alla sua dignità.</div>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-JWSGgUjEYyo/V7XY0o_nsRI/AAAAAAAABHc/AXpVWgjHHVEYBOFn41oo_ou4fRVthAJwQCLcB/s1600/La-Regina-Della-Rosa-Bianca.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-JWSGgUjEYyo/V7XY0o_nsRI/AAAAAAAABHc/AXpVWgjHHVEYBOFn41oo_ou4fRVthAJwQCLcB/s200/La-Regina-Della-Rosa-Bianca.png" width="130" /></a><a href="https://1.bp.blogspot.com/-VfJISAYoLuU/V7XX91SeEEI/AAAAAAAABHQ/3xNetcVstMoKMPBvqxGhmVDFp7a26fI7wCEw/s1600/white.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-VfJISAYoLuU/V7XX91SeEEI/AAAAAAAABHQ/3xNetcVstMoKMPBvqxGhmVDFp7a26fI7wCEw/s200/white.jpg" width="135" /></a></div>
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Per chi fosse interessato, <i>The White Queen</i> esiste in traduzione italiana con il titolo <i>La regina della rosa bianca</i>. Dal libro è stata inoltre tratta una celebre serie tv in dieci episodi trasmessa dalla BBC e con Rebecca Ferguson nei panni di Elizabeth.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-44299427607251512632016-08-11T14:41:00.000+02:002017-05-20T17:44:57.782+02:00"Cinder" di Marissa Meyer<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Upaq2FkiRYU/V6tHlPPhzKI/AAAAAAAABGI/0QZ2Eun-dxcGNPH3fELvRNtTQM8f8PMtQCLcB/s1600/cinder.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="246" src="https://1.bp.blogspot.com/-Upaq2FkiRYU/V6tHlPPhzKI/AAAAAAAABGI/0QZ2Eun-dxcGNPH3fELvRNtTQM8f8PMtQCLcB/s320/cinder.png" width="320" /></a></div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Vanity is a factor, but it is more a question of control. It is easier to trick others into perceiving you as beautiful if you can convince yourself you are beautiful. But mirrors have an uncanny way of telling the truth.</i></blockquote>
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Da uno dei più coinvolgenti classici delle sorelle Bronte a uno <i>young adult</i>, perché sì, è bello variare.</div>
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Ammetto di essere sempre piuttosto prevenuta quando si tratta di questo genere per via delle storie non sempre valide e dello stile spesso troppo banale e, diciamocelo, non sempre professionale. Tuttavia, era da diverso tempo che continuavo a leggere recensioni di <i>Cinder,</i> primo volume della saga <i>The Lunar Chronicles </i>di Marissa Meyer, in giro per il web e morivo dalla voglia di immergermi in questa affascinante rivisitazione della più antica di tutte le fiabe, anche e soprattutto perché sono io stessa una grandissima appassionata di fiabe e principesse.</div>
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La lettura, devo ammetterlo, non mi ha entusiasmato come mi aspettavo, probabilmente perché leggendo i commenti dei lettori mi ero fatta aspettative che andavano ben al di là di ciò che il libro in realtà offriva. Ad ogni modo, ci sono anche molte cose che ho apprezzato e per cui sono decisa a leggere il seguito della storia. Ma proseguiamo con la trama. :)</div>
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Cinder è un cyborg che gestisce una piccola officina per androidi a New Beijing, una città situata in un ipotetico futuro dove gli umani convivono con gli androidi e la popolazione è minacciata da un’epidemia di peste. Cinder, come tutti i cyborg, è considerata una cittadina di seconda categoria e per questa ragione cerca di nascondere il più possibile la sua vera natura. Un bel giorno, però, il principe Kaito si presenta nel suo negozio per chiederle di sistemare il suo androide e da quel momento la vita di Cinder verrà completamente stravolta.</div>
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Il mio primo impatto con <i>Cinder</i>, devo ammetterlo, non è stato estremamente positivo per via dello stile con cui si presentava il testo a livello estetico. Mi sono tuttavia abituata relativamente in fretta a questa scelta editoriale, complice anche lo stile semplice e scorrevole dell’autrice, finendo con il trovarla addirittura piacevole. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-ZidWEeFxqjU/V6tIkLGoLVI/AAAAAAAABGM/knoHGZ9swpgNG43AGAxDRaxsIulkVCc7ACLcB/s1600/Foto%2B10-08-16%252C%2B16%2B44%2B13.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://3.bp.blogspot.com/-ZidWEeFxqjU/V6tIkLGoLVI/AAAAAAAABGM/knoHGZ9swpgNG43AGAxDRaxsIulkVCc7ACLcB/s320/Foto%2B10-08-16%252C%2B16%2B44%2B13.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La prima pagina di Cinder. Ora che ci ho fatto l'abitudine non ci vedo più nulla di strano ma inizialmente tutto quello spazio fra le righe è stato un vero e proprio shock!</td></tr>
</tbody></table>
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Passando ai contenuti, che sono la cosa più importante, la storia ricalca quasi fedelmente – seppur con le dovute differenze di personaggi e ambientazioni – le vicende della Cenerentola più tradizionale e si presenta come un retelling originale e assolutamente piacevole. Devo però ammettere che mi aspettavo molti più colpi di scena mentre in realtà la trama si rivela piuttosto scontata e fin dalle prime pagine è possibile intuire come si evolveranno i fatti. La cosa non è tuttavia estremamente disturbante e la storia è così piacevole, e reminiscente della fiaba originale, da poter essere ugualmente apprezzata. Un altro problema che ho riscontrato, e che reputo caratteristica comune di diversi <i>young adult</i>, è invece l’eccessiva attenzione rivolta all’azione rispetto allo sviluppo psicologico dei personaggi. In poche parole, <i>Cinder</i> è un’opera più narrativa e meno introspettiva e questo implica, almeno per quanto mi riguarda, la difficoltà a immedesimarsi nei protagonisti e lasciarsi coinvolgere pienamente dalle loro vicende. Ciononostante, i personaggi riescono comunque a risultare interessanti ed è facile trovarsi a simpatizzare per Cinder, ma anche per Iko, Peony o il principe Kai.</div>
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I principali temi proposti dall’opera, al di là della rivisitazione della fiaba, sono la discriminazione del diverso, l’ostentazione dell’aspetto esteriore, la manipolazione e l’omologazione delle masse. Nel corso della narrazione è inoltre impossibile non cogliere i numerosi riferimenti a <i>Sailor Moon</i>; cosa che, da fan, mi ha riempito il cuore di gioia. Tuttavia, leggendolo avevo sempre la sensazione che il testo mancasse di qualcosa: tante belle tematiche, tante interessanti ispirazioni, ma sempre trattate con una certa superficialità e mai adeguatamente approfondite.</div>
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<i>Cinder</i>, devo ammetterlo, mi ha un po' deluso. Non perché non sia un buon lavoro – o per lo meno un lavoro piacevole – ma perché leggendo le recensioni mi ero fatta molte aspettative positive che sono purtroppo state infrante. Il libro, in realtà, presenta molte idee carine e interessanti, ma a volte ho come l’impressione che si abbandoni troppo alla semplicità e alla scontatezza quando invece potrebbe approfondirle maggiormente. Scarseggiano inoltre le descrizioni dei personaggi e del mondo cui fanno parte: l’ambientazione è intuibile ma non prende mai chiaramente forma nel corso della narrazione, lasciandoti nella mente immagini di personaggi che sembrano muoversi nel vuoto. </div>
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In definitiva, ho trovato <i>Cinder</i> interessante ma un po' acerbo. Se lo si considera nell’ottica di quello che è - uno <i>young adult</i> per ragazzine che cercano letture avvincenti ma leggere – allora <i>Cinder</i> è un buon primo volume per una saga che potrebbe avere, se ben sfruttato, molto potenziale (anche se è impossibile non notare il calo di qualità rispetto ad altre opere ugualmente per giovani lettori ma molto meglio scritte e caratterizzate – un nome a caso: <i>Harry Potter</i> – e insomma, diciamocelo, una volta anche i libri per ragazzi erano libri di qualità!); ma da un punto di vista prettamente letterario lo considero un lavoro debole, con ottimi spunti ma che – mi auguro per inesperienza, poiché darebbe all’autrice la possibilità di migliorarsi – non sono stati gestiti al meglio. Ad ogni modo, da appassionata di fiabe quale sono, ho deciso di dare ancora una possibilità a questa saga e leggere anche il secondo volume, <i>Scarlet</i>, di cui posterò senz’altro una recensione a tempo debito.</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8173501678577808596.post-22363857335394508322016-08-02T15:11:00.000+02:002017-05-20T17:45:14.943+02:00"Cime tempestose" di Emily Bronte<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-jepQIvv3KH0/V58rU6ptjfI/AAAAAAAABFs/bsP_iGqXBSsxNqb2Q0jatF3e_vy8aBBCwCLcB/s1600/Foto%2B01-08-16%252C%2B12%2B44%2B03.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="239" src="https://2.bp.blogspot.com/-jepQIvv3KH0/V58rU6ptjfI/AAAAAAAABFs/bsP_iGqXBSsxNqb2Q0jatF3e_vy8aBBCwCLcB/s320/Foto%2B01-08-16%252C%2B12%2B44%2B03.jpg" width="320" /></a></div>
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Continua la mia scoperta dei classici delle amatissime sorelle Bronte e questa volta è il turno di <i>Cime tempestose</i>, l’unico romanzo pubblicato da Emily, seconda delle tre sorelle, e indubbiamente uno dei più conosciuti e amati. Confesso di essermi avvicinata a questo romanzo non senza un briciolo di esitazione a causa delle numerose recensioni che ho letto online e che si dividevano tra alcune super entusiaste e altre che manifestavano una profonda delusione. Da neofita amante dei classici e alimentata da un’irrefrenabile voglia di conoscerne il maggior numero possibile, ho scelto però di non lasciarmi influenzare e di giudicare con i miei stessi occhi. </div>
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Che dire, il mio voto è senza dubbio positivo! Così positivo da permettergli di entrare non certo nella mia top 3, ma comunque nella rosa dei miei titoli preferiti di sempre.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>Salì sul letto e spalancò di furia la finestra, scoppiando, mentre lottava per aprirla, in un’incontrollabile e tragica esplosione di pianto.<br />“Entra, entra!” singhiozzava. “Entra, Cathy. Oh, entra. Ancora una volta! Oh, diletta dell’anima mia, ascoltami questa volta, ascoltami infine, Catherine!”<br />[…]<br />Vi era una tale angoscia nell’esplosione di dolore che accompagnava quella sorta di delirio che la compassione mi spinse a dimenticare tanta follia, e mi allontanai, dolendomi quasi di avere ascoltato, pentito di aver narrato il mio ridicolo incubo dal momento che era stato causa di tale indicibile sofferenza; sebbene non riuscissi a comprendere perché.</i></blockquote>
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Il Signor Lockwood si trasferisce in una dimora conosciuta come Trushcross Grange dove poter trovare un po’ di solitudine in cui rimanere solo con i suoi pensieri. Andando in visita al suo affittuario, lo scontroso Heathcliff, a Wuthering Heights, rimane tuttavia colpito da lui e dagli strani individui con cui condivide la sua abitazione: una giovane fanciulla un po’ scorbutica e un ragazzotto rozzo e dall’aria poco intelligente. È durante una prolungata malattia che il Signor Lockwood chiede a Ellen Dean, la governante di Thrushcross Grange, di raccontargli la storia di quella strana famiglia.</div>
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Attraverso il racconto della donna, che occupa la maggior parte della storia, veniamo così a conoscere il passato di Heathcliff, un piccolo zingaro senza famiglia accolto nella sua casa dal Signor Earnshaw e da lui cresciuto come un figlio, e del suo amore passionale ma contrastato con la bella Catherine, sua sorella adottiva. Nonostante lo splendido rapporto con Catherine, infatti, Heathcliff non è altrettanto amato dal fratello di lei, Hindley. Alla morte del Signor Earnshaw, Hindley prenderà possesso di Wuthering Heights permettendo a Heathcliff di rimanere ma declassandolo alla condizione di servo e privandolo completamente di ogni forma di educazione. Questa situazione porterà a un progressivo allontanamento della giovane coppia che indurrà la viziata ed egoista Catherine, seppure ancora innamorata del fratellastro, a cercare il buon nome e la stabilità nel matrimonio con il cugino Edgard Linton. Da questo momento Heathcliff, perdutamente innamorato di Catherine ma violento e rozzo nella sua natura, cercherà di dare pian piano forma alla sua lenta ma distruttiva vendetta nei confronti di tutti coloro che, a detta sua, lo hanno privato della vita.</div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-gsgjzlRGgYo/V58uKnpP6II/AAAAAAAABF4/Gj0NB2Dn0Yo5Copopqg9dN49vXcbvJ9IACLcB/s1600/locandina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-gsgjzlRGgYo/V58uKnpP6II/AAAAAAAABF4/Gj0NB2Dn0Yo5Copopqg9dN49vXcbvJ9IACLcB/s320/locandina.jpg" width="205" /></a></div>
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La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è la natura stessa dei suoi personaggi. Generalmente tendiamo ad amare racconti i cui protagonisti ci colpiscono perché in qualche modo li sentiamo vicini, perché ispirano in noi una qualunque sorta di ammirazione, o curiosità, o empatia. Penso siano rari, almeno per quanto mi riguarda, i casi in cui si riesce ad amare un romanzo provando tuttavia un sentimento avverso nei confronti del suo protagonista; fino a oggi mi era successo solo con <i>Emma</i> di Jane Austen. La cosa sorprendente di <i>Cime tempestose</i> è che nessuno, non uno dei numerosi personaggi che si muovono al suo interno è non dico piacevole, ma anche solo tollerabile. Ci troviamo infatti di fronte a personaggi viziati, egoisti, vendicativi, spesso rozzi o violenti, quasi sempre ossessivi o ossessionati da qualcosa. La forza motrice di questa storia è l’odio e il desiderio di vendetta che ne deriva, anche quando scaturisce dall’amore, e di odio vivono tutti i personaggi che ne fanno parte. Neanche per un istante ho apprezzato anche un solo personaggio di questo romanzo, eppure la storia mi ha travolto con la sua disarmante forza brutale, mi ha fatto provare rabbia e dolore, e così facendo ha colpito nel segno.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>“[…] Non lo avrei mai allontanato da lei fino a quando lei avesse desiderato vederlo. Nell’istante stesso in cui l’affetto di Catherine fosse cessato, gli avrei strappato il cuore e avrei bevuto il suo sangue! Ma fino ad allora, se non mi credi non mi conosci, fino ad allora sarei morto istante dopo istante prima di toccargli un solo capello!”</i></blockquote>
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Quella di <i>Cime tempestose</i> non è una storia d’amore, ma una storia di ossessioni, di vendetta e di una famiglia distrutta. Fin dalle prime pagine si presenta per la sua essenza selvaggia, per quell’istinto violento che anima i suoi personaggi, crudo e indomabile al punto da farli apparire quasi più come bestie che esseri umani. Anche la tormentata storia d’amore fra Heathcliff e Catherine, per quanto apparentemente naturale e sincera, è frutto di un sentimento folle e malato che porta lui ad annullarsi completamente nel pensiero di lei, e lei, troppo ridicolosamente piena di sé per considerare l’esistenza di chiunque altro, a lasciarsi ossessionare dal riflesso della sua anima in quella di Heathcliff. Impossibile provare affetto o empatia per i due giovani amanti, eppure se Catherine non può che suscitare profonde idiosincrasie, Heathcliff, pur nella sua cattiveria e brutalità, pur non essendo in alcun modo giustificabile, riesce a renderci in qualche modo partecipi del suo dolore e delle sue emozioni, quelle di una vita ormai andata distrutta e che non troverà pace finché non riuscirà a fare altrettanto con quella di coloro che ne ritiene i vili responsabili.</div>
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<i>“[…] ho solo una preghiera – la ripeterò finché la mia lingua si seccherà: Catherine Earnshaw, possa tu non trovare mai riposo fino a che io sarò in vita! Hai detto che ti ho ucciso – torna dunque e perseguitami! Gli assassinati, credo, perseguitano i loro assassini; so che ci sono stati fantasmi che vagavano sulla terra. Sii sempre con me – sotto qualsiasi forma – portami alla pazzia! Ma non lasciarmi in questo abisso in cui non posso trovarti! La mia sofferenza è indicibile! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza la mia anima!”</i></blockquote>
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Ho trovato letteralmente impossibile non farmi travolgere dalla violenta ondata di passione e sentimenti di <i>Cime tempestose</i>. Alcuni lettori hanno commentato la loro personale delusione nei confronti di questo romanzo asserendo che “Emily non è Charlotte”. E no, Emily non è Charlotte. E non ha nemmeno alcun motivo di esserlo. Stilisticamente parlando, in effetti, Emily manca completamente della penna elegante e raffinata della sorella, che rimane ancora la mia preferita. Ma il suo stile, più grezzo e diretto, è l’ideale per questa storia che di raffinato ed elegante non ha proprio nulla, ma che ha invece un animo violento, selvaggio, irriverente. È proprio la sua penna, infatti, ad accentuare il carattere ossessivo e l’animo tormentato dei suoi personaggi, e a donare maggiore enfasi alla follia che si snoda come un filo elettrico attraverso la loro storia. </div>
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Personalmente, ho sinceramente amato questo romanzo che ha saputo emozionarmi come pochi altri e di certo è un titolo che consiglierei senza troppi indugi a ogni buon lettore. E con questo, dichiaro ufficialmente aperta la caccia agli altri romanzi delle interessantissime sorelle Bronte! ;)</div>
Mamihttp://www.blogger.com/profile/06968073661014464907noreply@blogger.com6